25 aprile in memoria dei reduci di guerra
Il 25 aprile, in Italia, si festeggia ogni anno l’anniversario della Liberazione, altrimenti detto Festa della Liberazione. E’ un giorno di fondamentale importanza per l’Italia, per il suo significato politico e militare, in quanto simbolo della vittoriosa resistenza da parte delle forze partigiane durante la seconda guerra mondiale, contro il governo fascista e l’occupazione delle armate naziste.
Il prossimo sabato 25 aprile, a Gazzaniga, presso il monumento ai caduti, il Comune di Gazzaniga, alla presenza delle cariche amministrative e istituzionali del paese, consegnerà un riconoscimento a due reduci di guerra: il signor Paolo Cavalli, tutt’ora in vita, e il signor Emilio Maffeis (alla memoria), deceduto da poche settimane. Il rito avrà luogo nel pomeriggio, e seguirà un corteo con la banda cittadina fino alla chiesa parrocchiale, dove verrà celebrata la Santa Messa.
Si tratta di un gesto dall’importante connotazione simbolica, per onorare chi compì il suo dovere, sacrificando anche la propria vita, per la patria.
Il signor Paolo Cavalli, oggi 91 anni ed ex-sergente dell’esercito italiano, rimane fra i pochi testimoni ancora in vita che vissero in prima persona la forte esperienza della guerra e della deportazione nazista.
“Durante la seconda guerra mondiale – spiega Paolo Cavalli – mi trovavo sul fronte albanese, quando i tedeschi, dopo l’armistizio dell’8 settembre ’43, mi catturarono. Attraversammo a piedi la Jugoslavia e da lì ci mandarono in treno in un campo di prigionia, in Germania; sono stato prigioniero per alcuni mesi, poi sono scappato”.
Così, inizia a snocciolare i suoi ricordi, con qualche difficoltà, Paolo Cavalli, richiamando alla mente dolorose e tristi memorie.
Durante la segregazione, Paolo, grazie alle sue capacità meccaniche, a quell’epoca molto preziose, venne incaricato di aggiustare l’automobile di un ufficiale, ma con astuzia fece in modo che una volta raggiunta la campagna, la macchina perdesse olio e l’ufficiale fosse costretto a chiamare i soccorsi. Spesso i detenuti del campo di prigionia venivano costretti a pulire le strade della vicina cittadina tedesca dai rifiuti e ogni tanto Paolo riusciva a trovare qualcosa di utile come avanzi di cibo o qualche indumento usurato; una benedizione, viste le disumane condizioni di vita nel campo. Ed è proprio nel lager che Paolo venne più volte minacciato di morte per fucilazione. “La volta decisiva fu quando sferrai un pugno a un nazista – racconta Paolo Cavalli – Lì, capii che mi avrebbero davvero ucciso, quindi scappai”.
Paolo fugge dalla Germania, seguendo a piedi il tracciato di una ferrovia, fino a giungere in Francia, dove si reca all’Ambasciata Italiana, dalla quale però si vede costretto a fuggire di nuovo, dopo aver minacciato il funzionario con un tagliacarte, perché intenzionato a denunciarlo. Durante la sua fuga Paolo si imbatte successivamente nelle armate partigiane che, credendolo una spia, lo fanno prigioniero, per poi liberarlo subito dopo, capendo le sue vere intenzioni. Paolo rientra quindi nell’esercito come meccanico d’auto e autista di un ufficiale, il tutto grazie al fatto che possedeva la patente di guida, una rarità all’epoca della guerra.
Paolo riesce a ritornare a casa soltanto dopo il 1945, a guerra finita. “Non ebbi mai contatti con la mia famiglia e i miei cari – conclude Paolo Cavalli – Scrissi solo una lettera, forse mai arrivata a destinazione”.
Oggi Paolo vive a Gazzaniga con la figlia Danielle.
Paese Mio ringrazia il signor Paolo Cavalli, per aver rivissuto, anche se faticosamente, la sua tragica esperienza di guerra.
Silvia Pezzera