Negli anni ’70, anche Albino era in fermento per il fenomeno delle radio libere. Era il 1976 quando fece capolino la prima, Radio Albino, seguita a ruota da Radio Vita, con marcata impronta politica, prevalentemente cantautorale e per niente commerciale; a queste si affiancò Radio Embassy, che strizzava l’occhio alla musica pop e dance. A Radio Vita subentrò presto Radio 1 Lombardia, poi rinominata Studio Lombardia, una radio che seppe strutturarsi così bene, da superare, per circa un ventennio, l’ambito strettamente locale. In questo clima di euforia radiofonica, molti giovani si avvicinarono al sogno di “fare radio”: fra questi Corrado Foresti (in arte Corrado Presti), nato ad Albino nel dicembre 1959, un’eccellenza albinese nel settore dell’intrattenimento, che opera tuttora nel campo della “musica della notte” e che dall’esperienza delle radio libere paesane ha cavalcato… l’onda (in FM) e preso il volo.

Chi è Corrado Foresti?
Ho praticamente sempre vissuto ad Albino. Dopo le scuole decisi d’intraprendere la professione di parrucchiere per signora, che portai avanti per una decina d’anni insieme alla mia passione… la radio.

Come è iniziato il suo “fare radio”?
Nel 1976, nascevano le prime radio libere, e anche Albino aveva la sua, si chiamava RAVS, Radio Albino Valle Seriana, e si trovava sopra le “Scuderie Musicali” di Ilio Balduzzi, in Piazza Carnovali, negozio di strumenti musicali e dischi. Io, da appassionato di musica, la ascoltavo e quando sentii l’annuncio che stavano cercando speaker, mi presentai. Andò bene e al volo mi aggregarono alla “banda”. Iniziai così la mia avventura, che si sviluppò negli anni e tuttora sto vivendo.

Quando il passaggio dalla radio alla discoteca?
Mi piaceva molto trasmettere in radio, ma già strizzavo l’occhio al “mondo della notte”, alle discoteche. All’epoca ascoltavo molto anche le radio di Milano, come la notissima Radio Milano International. Sentivo che il mondo radiofonico era già altro rispetto a ciò che stavo vivendo, era chilometri avanti, musicalmente e tecnicamente. Già frequentavo le discoteche, ma posso dire che la figura del Dj da noi ancora non esisteva, erano una sorta di “jukebox umano”. Nei locali, la gente richiedeva i brani da far suonare e il Dj, per passare da un disco all’altro, parlava… l’arte del mixare era ancora quasi sconosciuta, ma invece già presente nelle trasmissioni radio milanesi. Mi affascinava l’idea di cambiare disco, senza che la gente se ne accorgesse, l’obiettivo era di non fermare la musica. E anche a casa mi allenavo tantissimo con un giradischi e un registratore.

Quando arrivò l’occasione?
Un giorno in radio arrivò Damiano (attuale gestore della gelateria “Peccati di Gola”), un personaggio ad Albino, e dj della tavernetta “JoJo”, locale di Abbazia. Si presentò dicendomi: “Ti può interessare fare il Dj alla discoteca “Bibo” di Casnigo”. Risposi di sì, era il 1977 e avevo 17 anni. La cosa iniziò bene, ma purtroppo, avvicinandosi l’inverno e non avendo l’età per la patente, spostarsi con un motorino per andare a Casnigo, era difficile. Così, decisi di abbandonare, continuando l’attività in radio. Nel frattempo, una discoteca di Albino, l’allora Embassy, ora balera “Pierrot”, stava rinnovando completamente il locale: venni contattato e mi proposero di diventare il Dj della discoteca e di assegnarmi anche la direzione della radio omonima, ospitata nelle pertinenze del locale. Accettai, fu un passo decisivo per il compimento del mio sogno.

Quali altri locali hanno segnato la sua storia?
Il “Bibo” perché è stato il primo, poi lo “Jojo” ad Abbazia, dove potevo proporre la musica che volevo, in particolare quella funky. Quindi, il “Sonora” di Cenate Sotto, dove sono stato per otto stagioni, permettendomi di fare il “salto” tecnico; il “XX° Secolo” di Seriate; ultimamente il “Bobadilla” di Dalmine (altri otto anni); e l’”Antares” di Albino, dove sono tornato con un dj set per la recente grande festa di addio al locale.

Altri “passaggi” della sua avventura?
Nell’88, mi propongono un locale in Valtellina, il “Vogue”, a Rogolo, a Morbegno (credo di essere stato il primo Dj bergamasco chiamato fuori provincia). Qui, grazie anche alla nascita di un nuovo genere, la musica house, che mi sentivo vestita addosso, ho avuto la possibilità di costruire quello che poi si è rivelato un successo immenso. Per la cronaca, la musica house si era evoluta con l’utilizzo, in discoteca, del campionatore, una sorta di tastiera che permetteva di registrare spezzoni di disco portandoli su ognuno dei tasti della stessa. Usando una selezione di vari campioni programmati personalmente, si riusciva a creare un brano con pezzetti di altri.

Siamo arrivati agli “F.P.I. project”?
Sì, dall’incontro con due amici e colleghi Dj bergamaschi, anche loro amanti della musica house, Marco Fratti e Roberto Intrallazzi, è nato qualcosa di straordinario. Li avevo invitati come ospiti ad una serata al “Vogue”. Qui, da un “assemblaggio” house è saltato fuori un pezzo fantastico che i presenti recepirono immediatamente. Ci guardammo negli occhi, dicendoci: “Qua, bisogna fare un disco”. Detto fatto, nome del brano “Rich In Paradise”, nome del gruppo “F.P.I. project”, dove F. sta per Fratti, P. per Presti, I. per Intrallazzi. Ci hanno supportato nel corso degli anni tre vocalist e una ragazza immagine (cantava in playback, allora si usava). Un disco nato per gioco che, sicuramente complice anche un pizzico di fortuna, vendette un milione e mezzo di copie in tutto il mondo: n. 1 in Germania e BeNeLux, n. 2 in Francia, n. 7 in Inghilterra, n. 10 in Spagna. Un aneddoto riguardo alla pubblicazione in America: il brano venne distribuito da una piccola etichetta; certo, anche la Mercury Records (una “major”) era interessata al prodotto, ma, visto che non eravamo persone di colore, abbandonarono l’idea: ritenevano i bianchi estranei al brano proposto che consideravano black. Una situazione che oggi, quasi certamente, rappresenterebbe un valore aggiunto.

Era iniziata una nuova storia?
Sì. Dopo questo successo, ci trovammo a fare “ospitate” in tutte le televisioni più importanti d’Europa: RAI, Canale Cinco e BBC nel programma “Top of the Pops”, dove eravamo nei camerini con Phil Collins, Tina Turner, gli Wham!, i Duran Duran, e, combinazione, in classifica eravamo più in alto di loro. Queste sono soddisfazioni! Quindi, c’era l’obbligo di continuare questa avventura e, pezzo dopo pezzo, andammo avanti fino al 1995 con tanti singoli e due album, per un totale di due milioni e mezzo di copie vendute. Ecco alcuni titoli: Rich in Paradise (1989), Risky (1990), Everybody e Let’s Go (1991), Feel It (1992), tra l’altro sigla di “Non è la Rai”, e così via fino al 2006.

Tuttora, siete in attività?
Come Dj, sempre. La produzione discografica, invece, è in stand by, ma mai dire mai. Partecipiamo a serate, ci siamo esibiti anche davanti a 100.000 persone. I concerti più importanti li teniamo in Inghilterra, dove c’è un ritorno della musica anni ‘90, soprattutto house. Ci sono parecchi eventi, dove vengono coinvolti Dj quasi esclusivamente londinesi, con la presenza dei gruppi storici della house, che si esibiscono dal vivo, anche con orchestra. Tra questi gruppi anche il nostro: lo scorso 12 ottobre, ad esempio, eravamo a Manchester. Attualmente, il gruppo è formato da me e Marco Fratti, con il supporto della cantante Sharon May Linn. Roberto Intrallazzi, invece, intrapreso un nuovo percorso artistico.