Quaresima, periodo denso di importanti appuntamenti per la Cristianità, momento forte della vita religiosa di ogni comunità in cui spesso la fede e il credo cristiano si incrociano con tradizioni secolari dando vita ad appuntamenti tanto attesi quanto partecipati che rappresentano ciò che è oggi identificato come patrimonio immateriale dell’umanità meritevole di difesa di fronte ad un avanzare di relativismo, consumismo e globalizzazione che non necessariamente devono avere un’accezione negativa ma che spesso palesano solo una propria distorsione perversa.

La solennità del Sacro Triduo dei Morti, celebrazione medioevale di devozione dei defunti, è una specificità religiosa del territorio bresciano-bergamasco, pertanto assai diffusa nella nostra valle. Si tratta di tre giorni, altresì identificati anche come “Quarantore”, dedicati alla preghiera per tutte le anime del Purgatorio in attesa dell’accesso al Paradiso. Caratterizzano queste celebrazioni imponenti e radiosi apparati scenografici d’impronta barocca affermatisi successivamente al Concilio di Trento e composti da lumini e candele, un tempo ad accensione esclusivamente manuale, che contornano la raggiera (in dialetto “ragia”) al cui centro è esposto l’ostensorio del SS. Sacramento.

A Vertova, questa solennità coincide per tradizione con la III Domenica di Quaresima e quest’anno si è dunque celebrata fra sabato 2 e lunedì 4 marzo. Dopo tali celebrazioni è ora tempo di pensare ad un’altra tradizione religiosa che da sempre non solo coinvolge l’intera comunità ma richiama pure fedeli e non da fuori paese.

Si tratta dalla paraliturgia del Venerdì Santo contraddistinta dalla deposizione del Cristo ligneo in altezza naturale commissionato ai fratelli Fantoni di Rovetta nel 1725 e realizzato con gli arti superiori snodabili così da renderne possibile la deposizione dal crocefisso che, per l’occasione, viene collocato sull’altare maggiore della Chiesa Prepositurale e la successiva processione per alcune vie del paese.

Proprio a tal proposito è da segnalare una novità: il Gruppo del Venerdì Santo, composto da 36 figuranti e dal moviere che li coordina e li accompagna, intende variare un po’ quello che è il solito percorso per interessare anche parte del centro storico che sicuramente avrà modo di renderlo ancora più caratteristico; dopo la discesa da Via Don Brini è quindi previsto il passaggio attraverso Piazza e Via San Lorenzo, per toccare poi la Via Lorenzoni con la cosiddetta “Piazzöla” e, dopo il “Püt döl Martina”, rimettersi sulla Via IV Novembre dove riprenderà quello che da anni rappresenta il tracciato classico.

Specificando che non si tratta di una scelta definitiva ma semplicemente di una possibilità che va testata, sia consentito un piccolo accenno storico per ricordare che sino a fine anni Ottanta la processione seguiva tre itinerari diversi che, appunto, si alternavano regolarmente nel corso degli anni; successivamente si è preferito riservare ad altre Processioni dedicate alla Madonna del Rosario piuttosto che al Corpus Domini alcuni di questi e, per la notte della Passione, dare priorità a quello più suggestivo lungo il torrente Vertova con il passaggio sul Ponte di San Carlo dove viene innalzata una grande croce illuminata per poi, attraverso la centrale Piazza San Marco, risalire verso la parrocchiale.

Superfluo forse ricordare altro di una processione che viene vissuta sempre intensamente dai vertovesi con stati d’animo che è difficile sintetizzare per chi si limita al suo aspetto più spettacolare e folkloristico. Non ci si può comunque esimere da un riepilogo dei personaggi protagonisti della sacra rappresentazione: i 4 giudei che hanno il compito di deporre il Cristo, accompagnati dalle 4 forcelle, sostenerne il cataletto durante il corteo, i 3 ordini di picche di 4 soldati ciascuno, simbolo dell’umanità che ha crocefisso il Cristo con i propri peccati, le 8 torce, i 4 portatori di lanterne che sono gli unici a non vestire un costume ma bensì un abito nero e i 4 centurioni romani, ultima figura introdotta nel 1991. Ai figuranti si aggiungono le figure del Crusù e del Cireneo che costituiscono, assieme ai giudei con il Cristo morto, il nucleo centrale della processione: il primo rappresenta il Cristo vivo che porta la croce verso il Calvario mentre il secondo ha il compito di aiutarlo durante le soste e dargli il cambio; entrambe incappucciati, vestono solo un saio, rispettivamente rosso e bianco, e camminano scalzi.

Sono inoltre parte della paraliturgia i confratelli del SS. Sacramento e i portatori dei 10 simboli della passione che, dal momento della loro reintroduzione nel 1987, dopo un’assenza di oltre trent’anni, sono i ragazzi che si apprestano a ricevere il sacramento della Cresima in occasione della Pentecoste.

 

Luca Gualdi