Feste di qua, feste di là… Ristoranti “mascherati” o manifestazioni senza scopi di lucro?

Oramai da qualche anno a questa parte, d’estate la questione rimbalza nei quattro angoli della provincia, passando anche da queste parti, in Valle Seriana: paese che vai, feste che trovi.

 

Nessuno avanza obiezioni sul fatto che, soprattutto d’estate, la sera alla gente piaccia uscire di casa per partecipare a questa o quella festa più o meno popolare. In giro ce ne sono per tutti i gusti: dalle feste di partito a quelle delle associazioni, passando per quelle di frazione, dell’oratorio, della musica, delle patate, del cavolfiore e via dicendo, in un elenco praticamente senza fine.

Da tre anni Confesercenti si batte per una regolamentazione di sagre e fiere popolari, che ormai in molti casi si traducono in veri e propri eventi di ristorazione. Una concorrenza sleale nei confronti degli esercenti estesa “a macchia d’olio”, cui è urgente e necessario porre un freno deciso. Ipotizzando che per ciascuna giornata di svolgimento vengano erogati almeno 100 pasti, e che la durata media sia di circa 5 giorni con un costo medio di € 15,00, i conti sono presto fatti, in completa evasione fiscale.

A tutto ciò aggiungiamo che difficilmente tali manifestazioni sono conformi alle normative igienico sanitarie ed alla sicurezza sui luoghi di lavoro (rigorosissime per i ristoranti), e che spesso vengono impiegati minori.

Nessuno, dicevamo, avanza obiezioni sul fatto che alla gente piacciano le feste; molti, invece, e soprattutto gli esercenti, puntano il dito contro queste manifestazioni estive, sostenendo che sono, naturalmente per loro, causa di danni economici.

Intendiamoci: il problema è reale.

Lo vedono tutti che, d’estate, invece d’andare in questo o in quel ristorante, in questa o in quella pizzeria, la gente preferisce mangiare pa e strinu alla festa “Tal de’ Tali”, magari accompagnando la serata con due salti di liscio, così, anche per buttar via alcune tra le chilocalorie appena ingurgitate.

Si tratta di trovare il gusto equilibrio, capace di garantire la salvaguardia delle tradizioni (comprese le “vere” feste tradizionali), ma anche il diritto al lavoro di chi, oltre a pagare le tasse, lavora tutto l’anno, magari garantendo posti di lavoro.

Una soluzione che potrebbe andar bene alle parti non potrebbe essere che, durante queste feste, in qualche modo venissero coinvolte anche le attività commerciali del territorio? Magari una serata a turno dove, l’esercente offre i propri servizi (ore di lavoro, materiale o altro) in cambio di parte degli incassi. In questo modo, gli introiti andrebbero comunque sul territorio dando, così respiro all’economia locale.

Certo, trovare una soluzione non è facile.

Se lo fosse, non ci sarebbe questa polemica che va avanti oramai da anni.

 

Paolo Salamoni