Nato a Gazzaniga 83 anni fa, residente fino a sei anni a Cene, nelle Case Barzanò, e poi da sempre ad Albino, Giampiero Tiraboschi è uno dei più stimati ed apprezzati ricercatori di archivi della Bergamasca. Studioso di storia locale, oltre al riordino e all’inventariazione di una decina di archivi parrocchiali del territorio, si dedica anche all’attività divulgativa, stimolato da esigenze personali e da committenze, volte ad informare il grande pubblico sul vasto patrimonio storico-artistico di Albino e della Val Seriana, mediante pubblicazioni, saggi, trascrizioni di fonti e articoli su riviste specializzate.
Mamma di Albino, papà originario di Adrara San Martino, ma trasferitosi a Cene, per lavorare al Cartonificio Barzanò, Giampiero Tiraboschi arriva ad Albino a sei anni. Frequenta le scuole elementari e medie in S.Anna; poi, le scuole magistrali “Secco Suardo”, a Bergamo, diplomandosi come maestro elementare. Dapprima, insegna a Leffe e a Vertova, poi a Bergamo, fino ad arrivare alle scuole “Fr.lli Bulandi”, ad Albino. Già prima della pensione matura un forte interesse per la ricerca di archivio, utile e funzionale ad approfondire la storia locale, per essere poi fatta conoscere alla comunità albinese.
Un lavoro di ricerca che dura da circa trent’anni, per una figura di studioso attento e rigoroso, dal carattere discreto e riservato, generoso e sempre disponibile, ma non avvezzo ai clamori. Una bella persona, che la redazione di Paese Mio ha la fortuna di intervistare.
Come si è avvicinato allo studio della storia locale?
Una certa passione c’è sempre stata, ma sono state le circostanze che mi hanno portato ad incuriosirmi della storia, innanzitutto del mio paese e dei suoi personaggi. Negli anni ’70 e ’80, si era creato in città il “Gruppo Informazione”, che voleva alimentare una coscienza critica verso l’amministrazione comunale, mediante dibattiti e riflessioni su diverse tematiche, urbanistiche, ecologiche e sociali. Ogni mese, veniva stampato in ciclostile un foglio informativo, che veniva inserito gratuitamente nelle cassette della posta di tutte le case. Io ne facevo parte, insieme a tante altre persone. Fra queste Franco Innocenti, storico ed esperto del mondo agricolo, attuale direttore del Museo Etnografico di Comenduno. Con lui ho collaborato, nel 1995, alla pubblicazione del Quaderno n°1 della Biblioteca di Albino “Piazzo e Trevasco: un territorio e la sua gente, dai primi dell’Ottocento ai gironi nostri”.
E quando è arrivata la passione per la ricerca storica?
L’occasione è stata la necessità di riordinare e ricollocare l’archivio parrocchiale di San Giuliano di Albino: siamo nei primi anni ’90, in contemporanea con il rifacimento della casa parrocchiale. Si sono trovati diversi scatoloni di documenti di archivio, come il registro del vicario di valle e le visite pastorali, che andavano inventariati, ricollocati con una precisa logica archivistica. Il contatto con questi documenti antichi, la curiosità di comprenderne il contenuto e la necessità di decodificare le scritture antiche non facilmente comprensibili ai profani, mi ha indotto a frequentare un corso di archivistica. E’ stata una folgorazione, mi si è aperto un mondo. Così, forte delle cognizioni acquisite, ho proseguito nel riordino e inventariazione di una decina di archivi parrocchiali del nostro territorio (per esempio, le parrocchie di San Benedetto in Abbazia e del Sacro Cuore in Casale)”.
Con chi ha collaborato in quegli anni?
La Biblioteca di Albino, grazie anche al responsabile Gaetano Pezzoli, era molto attiva nella promozione culturale. Un esempio sono i “Quaderni”, ai quali ho collaborato fornendo contributi specifici. Ed è in quel periodo la collaborazione con alcuni storici, come Pier Maria Soglian, per il Quaderno 2 “Nostra res publica albinensis: valle, comuni e contrade nel Medio Evo”, del 1991, e per il Quaderno 3 “Vivevano queste contrade: i Comuni dell’Albinese in età veneta”, del 1994; e soprattutto con Alberto Belotti, per il libro “Storia delle Terre di Albino: dalle origini al 1945”, un’opera in due volumi (“Le Età” e “I Temi”), del 1996, per il quale ho fornito un saggio sul ‘300 albinese. E’ del 2003, poi, il saggio su “Estimo veneto del Comune di Albino, anno 1476”. Poi, ho conosciuto Rodolfo Vittori e, insieme a Pier Maria Soglian, abbiamo pubblicato il saggio “La biblioteca di un “intellettuale di provincia”: il canonico Marco Moroni (1520 – 1602), per i “Quaderni di Archivio Bergamasco”, frutto di molti anni di ricerche, pubblicato nel 2012. Altra figura importante nella mia crescita archivistica è stato Gianmario Petrò, il maggior frequentatore degli Archivi di Bergamo, che mi ha stimolato a sviluppare questo settore di ricerca. E questo mi è servito nello scrivere saggi e contributi sul patrimonio storico-artistico e nel redigere articoli informativi. Così, è maturato pian piano l’interesse per la storia locale e la necessità di documentarsi, frequentando gli archivi di Stato, della Curia Vescovile e della Biblioteca “Angelo Mai” di Bergamo, dove sono presenti le fonti più importanti della storia locale.
Quando è iniziato lo studio sul pittore Giovan Battista Moroni?
Tutto è iniziato nei primi anni Duemila. Già avevo scritto, nel 2002, il saggio “I Moroni di Albino: Andrea e Giovan Battista”, in “Atti dell’Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti di Bergamo”. Ma la mia “immersione” nel mondo moroniano è in occasione della mostra su Giovan Battista Moroni, “Lo sguardo sulla realtà (1560-1579)”, allestita nel 2004, a Bergamo, da Simone Facchinetti per il Museo Adriano Bernareggi, a cui ho contribuito con note biografiche e regesto dei documenti. Poi, nel 2005, il saggio “Giovan Battista Moroni: il matrimonio e la casa”, nella rivista “Bergomum”. Nel 2008, “Il sedime dei Mori e la casa di Giovan Battista Moroni”. Intanto, nel 2005, nasceva un gruppo spontaneo di cittadini, il “Coordinamento per S.Anna, casa del pittore G.B.Moroni”, di cui facevo parte, che cercava di contrastare il progetto di ristrutturazione dell’antico monastero, previsto dal PGT, perché dalle chiare valenze speculative, con interventi di edilizia residenziale e commerciale. Ritenevo preoccupante l’inclusione nel nuovo edificato delle muraglie del ‘500 dell’attuale scuola materna, perché qui avevo individuato proprio la casa del pittore Gian Battista Moroni. Da qui, ho sempre di più approfondito la figura del Moroni, proseguendo negli anni la mia indagine archivistica (per esempio, nel 2011, “Il monastero di S.Anna in Albino)”, e nel 2016 ho pubblicato la monografia “Giovan Battista Moroni: l’uomo e l’artista”, pubblicata dal Comune di Albino.
Ma quali sono gli altri libri pubblicati?
Oltre a diversi contributi per monografie di storia locale (per esempio, “Il monastero di San Bartolomeo, storia della sua fondazione” del 2007, “San Bartolomeo nel suo contesto storico ed artistico” del 2012, “I frati Cappuccini ad Albino” del 2013), ho pubblicato nel 2014 “Lascio far alla giustizia. Lavoro, tempo libero, contrasti e vita quotidiana nel Registro dei processi del Vicario di Valle Seriana Inferiore”, un interessante spaccato della vita quotidiana degli ultimi decenni del Cinquecento nella media e bassa Val Seriana; quindi, nel 2016, il suddetto “Giovan Battista Moroni: l’uomo e l’artista”; e nel 2021 “L’inquieto Seicento Albinese”, su importanti famiglie della borghesia albinese, ma anche mercanti, artigiani e notai, e di altri personaggi del tempo, con ricerche presso l’Archivio di Stato, la Biblioteca “Angelo Mai” di Bergamo e la Curia Vescovile di Bergamo, integrando con documenti dell’Archivio di Stato di Venezia, di Chieti, e di Lecce. Per questo libro ho dovuto consultare centinaia di documenti scritti in latino, e questo ha comportato molta fatica.
Quest’anno, poi, per “Giovan Battista Moroni, opera completa” di Simone Facchinetti, ho curato il regesto generale dei documenti che riguardano il pittore.
Sono in cantiere altre pubblicazioni?
In verità, sto aspettando che venga pubblicato un libro sul Convento della Ripa, già scritto e pronto per quest’anno: manca soltanto la revisione di un autore.
Ti.Pi.