Il duro mestiere di scrivere. Parte prima: la nostra prima media e le favole
Scrivere è da sempre una delle attività più tragiche per i ragazzi. Nell’era del digitale, ormai sempre meno attività vengono affrontate ancorati su una sedia, davanti a un mare di carta e armati di una sola piccola biro. Meglio le agili danze di polpastrelli su uno schermo touch.
Scrivere obbliga a pensare con ordine. Pensare. Ordine. Sono cose importanti. Il pensiero senza ordine genera il caos. L’ordine senza il pensiero è sterile, arido. Quindi scrivere è un’attività faticosa sicuramente, ma anche molto preziosa.
La prima battaglia di carta da combattere per i ragazzi che si affacciano alla scuola media si chiama “favola”. Due animali parlanti s’incontrano. Qualche scambio di battute, poche righe, una morale: questa è la favola. Sembra cosa di poco conto, eppure delle favole si ha memoria da quando l’uomo ha iniziato a raccontarsi le storie e ancora oggi trovano spazio non solo su una pagina, ma anche sui piccoli e grandi schermi. Ieri ascoltate dai vecchi di famiglia, ora lette in un libro o viste su uno schermo, le favole sono sì semplici, ma non per questo stupide. Sotto sotto (ma poi neanche troppo) ci sono le morali: degli insegnamenti, a volte scritti e a volte nascosti tra le righe, che hanno il delicato compito di spiegare come comportarsi.
Da qui deve partire chi vuole scrivere una favola: dal comportamento da “consigliare” o “condannare”. Se quest’idea è chiara, fissata nella mente di chi scrive, allora la favola funziona, altrimenti (ed è il destino di molti) ci si perde in animali goffi e improbabili, battute di spirito fini a se stesse, storie che non portano da alcuna parte, simpatici buchi nell’acqua.
Questa è la sfida iniziale per i ragazzi di prima media. Ecco uno scritto che questa sfida l’ha sicuramente superata. Buona lettura.
Prof. Italo Mazzoleni
Il Leone e il Cammello
C’erano una volta un cammello e un leone; essi vivevano nello stesso zoo e la loro gabbia era vicina.
Un lunedì il leone, a cui tutti i visitatori facevano sempre molte fotografie, chiese al cammello: “Quante persone ti hanno fotografato oggi?” e il cammello, che non era certo l’animale più popolare dello zoo e invidiava la celebrità del leone, disse una bugia per diventare suo amico e rispose: “Certo, tantissima gente, come al solito”. Il leone guardò con simpatia il suo vicino di gabbia, aggiungendo: “Secondo me quel grassone dell’ippopotamo avrà ricevuto al massimo due o tre scatti…”.
Da allora il leone e il cammello divennero amici e iniziarono a prendere in giro gli altri animali, che non erano certo famosi come loro! Il cammello si impegnò a fingere per una lunghissima settimana, fino a quando, il lunedì successivo, il leone venne trasferito in un altro zoo.
Allora il cammello volle cercarsi un nuovo amico, ma tutti pensavano che lui fosse presuntuoso e antipatico, proprio come il leone; quindi nessuno gli rivolse la parola e la povera bestia rimase sola.
Questa favola insegna che devi essere sempre te stesso e se una persona non ti accetta non devi cambiare per lui.
Giulia Salvi (1a media)