“Alzheimer Fest 2023”. Un mese di viaggio, da metà settembre a metà ottobre, da Nord a Sud, dalla Lombardia alla Sardegna, dalla Puglia alla Liguria. Cinque tappe, tre mari e tante soste lungo il cammino. Con storie da condividere e un messaggio da gridare finché fa male, finché ce n’è: se le demenze sono in ogni provincia d’Italia, allora le cure devono esserci tutte, dovunque, subito. Ebbene, per quanto riguarda la Bergamasca, l’Alzheimer Fest si è posato come una farfalla su Cologno al Serio, il mese scorso, trovando un giardino rigoglioso di umanità: un paese intero che si aperto per dare voce ai suoi abitanti più fragili, più preziosi. Nella staffetta che ha girato l’Italia questa era la seconda tappa, che ha visto alla regia organizzativa le amiche e gli amici della Fondazione Vaglietti. Tanti i gruppi e le associazioni di volontariato, le cooperative sociali, le strutture RSA, gli artisti, i medici e gli operatori che hanno contribuito ad allestire il ricco contenitore. Fra questi la Fondazione Honegger RSA onlus di Albino che ha partecipato con il laboratorio “Nutrire i sensi”, un viaggio multisensoriale per stimolare l’appetito nelle persone con demenza, allestito presso la Fondazione RSA Vaglietti Corsini. Nello specifico, un percorso a tappe nel giardino del suo Centro Diurno Integrato, che prevedeva che un operatore della Fondazione (un educatore, un coordinatore e/o la psicologa), accompagnasse i partecipanti al laboratorio (sia singolarmente che in piccoli gruppi).

I partecipanti erano operatori (infermieri, educatori, medici, ecc) che lavorano a vario titolo nel mondo delle RSA o comunque con le persone con demenza; ma anche persone con demenza e soprattutto famigliari/caregiver; oltre che vari curiosi e visitatori del festival.

Nella prima tappa veniva spiegato come nella demenza fosse importante prevenire e stimolare l’appetito e come fosse importante sfruttare i 5 sensi che non vengono compromessi dalla demenza. Era un tavolo (vedi foto) addobbato, che vuole stimolare con vista, tatto e olfatto:

pane, cioccolato, erbe aromatiche, caffè, frutta e cetrioli che assunti prima del pasto stimolano l’appetito

Nella seconda tappa, si è presentato il progetto “Custodire memorie”, nato grazie ad ATS, Ferb e Accademia Carrara, con lo scopo che l’operatore (in questo caso l’educatrice Melisa Gonzalez) diventi il mediatore tra le opere d’arte e la demenza. In questo percorso sono stati introdotti due quadri che parlano di cibo e possono essere sfruttati in una seduta con l’educatore per stimolare, attraverso la visione e racconti l’appetito nella persona con demenza.

La terza tappa ha riguardato il massaggio alle mani con oli essenziali. Attraverso una tecnica ideata dall’infermiera Daniela Mazzoni, denominata DA.MA.Care, vengono eseguiti dei massaggi alle mani con oli essenziali (per esempio al limone, finocchio) che vanno a rilassare e stimolare (olfatto) l’appetito della persona.

La quarta tappa, poi, consisteva in un tavolo apparecchiato per le persone con demenza, che magari hanno bisogno di piatto unico e/o posate modificate, che invogliasse allo stare a tavola, che rispettasse le diverse cromie che servono per la persona con demenza a distinguere piatto e cibo (importante il contrasto cromatico tra il cibo e il contenitore). Inserite anche delle fotografie di cibo frullato ben impiattato, perché anche l’occhio vuole la sua parte, per dimostrare che anche il cibo frullato può essere appetitoso.

Per finire, nella quinta tappa sono stati descritti i laboratori di cucina, cioè di “cucinoterapia”, che vengono attivati in Fondazione.

La cucina è avvolgente, coinvolge tutti i 5 sensi – spiega Daniela Marcarini, coordinatrice infermieristica – Dal tatto quando si “mettono le mani in pasta”, al suono del mattarello sul tagliere, ai colori e profumi degli ingredienti, per arrivare infine al gusto. La “cucinoterapia” è in grado di stimolare la mente ed il corpo. Ecco, perchè è di fondamentale aiuto per l’Alzheimer e le varie forme di decadimento cognitivo: preparare un piatto richiede tempo, attenzione, memoria, concentrazione, capacità di collaborare, pazienza, movimenti del corpo e soprattutto condividere ciò che è stato cucinato. Cucinare per il malato di Alzheimer permette di mettere in risalto l’autostima, è un gesto d’amore verso se stessi ed allo stesso tempo un attività sociale, perché far assaggiare ciò che si è cucinato rende felici noi e anche gli altri, è un atto di generosità”.

I laboratori di cucina all’interno della Fondazione – afferma la Dott.ssa Jessica Lucchetti, psicologa della Fondazione Honegger – permettono di stimolare le funzioni cognitive, diminuire ansia e stress e, con il lavoro di gruppo, aumentare la socializzazione. La manipolazione del cibo, e i profumi che sprigionano i vari ingredienti, permette di generare una sensazione di benessere e di tranquillità, aumentando la concentrazione. Nel momento della preparazione del cibo la mente prende una pausa dal mondo esterno e si concentra su ciò che sta facendo. L’attesa della cottura del cibo preparato o della lievitazione insegna a mettersi in ascolto. La condivisione del cibo scatena emozioni e sensazioni. Cucinare ha sempre un inizio ed una fine, il lavoro non resta incompiuto e questo aumenta la motivazione e le emozioni positive, in quanto si è molto più propensi rispetto ad altre attività a portare a termine il percorso intrapreso.”

 

T.P.