C’era anche una delegazione di albinesi lo scorso 10 agosto, in Piazzale Loreto, a Milano, davanti al “Monumento ai Martiri di Piazzale Loreto”, che ricorda, fra gli altri, anche Vittorio Gasparini, cittadino albinese, medaglia d’oro al valor militare, fucilato a Milano in Piazzale Loreto il 10 agosto 1944 da parte dei nazi-fascisti. Una presenza che ha avuto il significato di “fare memoria”, per “non dimenticare”, per sottolineare la vicinanza della comunità albinese ad un eroe della nostra storia contemporanea.
Gasparini, nato ad Ambivere il 30 luglio 1913, ma cresciuto ad Albino, si laureò a Venezia in economia e commercio; frequentò la scuola allievi ufficiali e ottenne il grado di sottotenente degli alpini. A Bergamo, il giovane Gasparini si formò alla scuola di don Antonio Seghezzi, poi morto nel campo di concentramento nazista a Dachau; lavorò nell’Azione Cattolica e nella Federazione degli Universitari Cattolici (Fuci). Nel 1940, Gasparini si sposò con Ernestina Marconi, docente di inglese al Liceo Lussana, e si trasferì a Bergamo, a Boccaleone, in via delle Scuole, la stessa strada che oggi porta il suo nome; dopo l’8 settembre 1943 collaborò con la Quinta Armata americana, diventando un esponente qualificato del movimento di liberazione. Gasparini gestì, tra l’altro, una radio clandestina in piazza Fiume (ora piazza della Repubblica) e si impegnò per la raccolta di fondi a sostegno delle formazioni partigiane. Il 25 maggio del 1944 venne arrestato dai tedeschi e incarcerato a San Vittore; il 10 agosto venne fucilato a Piazzale Loreto, assieme ad altri 14 partigiani, da un plotone formato da militari della legione “Ettore Muti”. Un’esecuzione organizzata come rappresaglia per l’attentato dell’agosto 1944 ad un camion tedesco, in viale Abruzzi a Milano, dove peraltro nessun tedesco rimase ucciso. Persero la vita, invece, 6 cittadini milanesi. Dopo la fucilazione, i cadaveri rimasero esposti al pubblico. Un destino che si ripeterà il 29 aprile del 1945, ma i cadaveri saranno quelli del Duce, di Claretta Petacci e di 15 gerarchi fascisti, giustiziati dopo la cattura a Dongo.
A San Vittore, Gasparini, padre di due figli, divise la cella con il famoso giornalista Indro Montanelli, che lo elogiò in un suo articolo del settembre 1944, ricordandolo come una persona retta e tutta d’un pezzo, che non dubitava di quel che aveva fatto, anche sotto tortura.
Per il suo sacrificio a Vittorio Gasparini venne conferita la Medaglia d’oro al valor militare, lui che si addossò colpe altrui per scagionare un compagno.
Alla fine della guerra, sul luogo della strage ed in memoria dei martiri lì caduti, fu eretto un cippo commemorativo. Tale cippo fu sostituito da un monumento eretto nell’agosto 1960, opera dello scultore Giannino Castiglioni (1884-1971), situato all’angolo tra il piazzale e viale Andrea Doria. Il monumento, sul fronte, reca un bassorilievo che rappresenta un martire sottoposto ad esecuzione sull’iconografia di San Sebastiano, sul retro reca la dicitura “ALTA/L’ILLUMINATA FRONTE/CADDERO NEL NOME/DELLA LIBERTÀ” cui segue l’elenco dei 15 caduti, la data dell’eccidio, 10 agosto 1944 ed i simboli della Repubblica Italiana e del Comune di Milano.

La delegazione albinese era formata da Cristina Sannino, delegata del sindaco, Giampiero Tiraboschi, Rosalma Stancheris, Ugo Colombo, Ambrogio Carrara, Luigi “Gigio” Signori, Luigi Manenti e Paolo Tombini.
Per la cronaca, la sezione ANPI di Albino è stata intitolata, oltre che a Vittorio Gasparini, anche ad Ercole Piacentini, personaggio di spicco della lotta antifascista.

T.P.