Negli ultimi tempi, sui giornali e in tv, sono sempre più numerose le cerimonie di inaugurazione di opere pubbliche, con tagli del nastro, che vedono alle spalle dell’unico “protagonista” con la forbice in mano, il sindaco o l’assessore di turno, tante “comparse”, meglio dire sostenitori dell’opera da inaugurare in questione, che, per essere immortalati nella fotografia di rito, si stringono fra loro il più possibile, offrendo sorrisi e sguardi ammiccanti, quasi di compiacimento dell’avvenuto varo ufficiale dell’opera. Poi, però, vai a vedere chi sono questi sostenitori, e ti accorgi che o sono “truppe cammellate” del “protagonista” della sforbiciata (tutti ma proprio tutti gli addetti ai lavori) o, per giunta, oppositori in varie sedi istituzionali, come consiglieri di minoranza, che però vogliono essere presenti e riconoscibili per il loro elettorato. Spesso sono così tante in un giorno le inaugurazioni e i collegati tagli del nastro con fotografia allegata, che queste “comparse” fanno i salti mortali per essere presenti in ogni situazione: i più furbi cambiando casacca, dicesi camicia, maglietta o giacca, i più nostrani, ma certo fortemente autocelebrativi, mantenendo lo stesso abito, direi la stessa “divisa” di ordinanza da inaugurazione, andando incontro a risate dei lettori o dei telespettatori che li riconoscono facilmente proprio per questa leggerezza. Ma se già questo è sinonimo di pochezza personale, quello che fa rabbrividire è che spesso il battesimo di opere pubbliche, sagre, iniziative, reparti d’ospedale (talvolta), nasconde inefficienze non ancora completamente sanate. Fateci caso. Si inaugura solo per la convenienza di inaugurare: magari mancano ancora delle opere accessorie, come arredo urbano o parcheggi, illuminazione o segnaletica stradale, ma quello che conta è che, arrivati almeno all’80% dell’opera, si vada ad inaugurare, come quasi a dire che l’opera è pronta …manca poco, ma è pronta, giusto inaugurare in pompa magna, magari anche con il beneplacito del parroco che la benedice.
Spesso, però, i cittadini coinvolti o interessati, non ci cascano. Sorridono e fanno spallucce, come dire: “Siamo alle solite, non è cambiato nulla, siamo ancora alla prima repubblica, di democristiane inaugurazioni, …loro sì che le facevano bene, però. Questi cittadini …ah, ma avete visto quanta poca gente partecipa a questi tagli del nastro? … non capiscono il motivo di cotanta festa: quella pista ciclabile, quel centro anziani, quella scuola materna, era da essere pronta da almeno mesi o anni addirittura e molti amministratori locali avevano fatto a gara negli anni precedenti, complici magari le stesse imminenti elezioni, per annunciare l’imminente apertura e “bruciare” il coinquilino del gruppo di opposizione di turno. In questo, agli occhi della gente, falliscono. Non è questo il modo per …fare le cose fatte bene. E’ una presa in giro, …chi ci crede veramente a questi tagli del nastro? Tutti slittati di mesi o anni, addirittura. Quasi sempre, dietro ogni annuncio di belle speranze, di inaugurazioni e tagli del nastro con fotografia con gli “amici” di partito e per giunta con le “comparse” di opposizione che hanno detto ai propri sodali che “hanno sostenuto l’opera pur da diverse angolature e riflessioni…” si nasconde una voragine di ipocrisia. Vale per strade, le piste ciclabili, le scuole materne, gli asili nido, le case delle associazioni, … Ecco perché ogni inaugurazione, anziché rappresentare un momento di sviluppo culturale e di svolta civica, è la dimostrazione del suo opposto. Delle occasioni mancate. Dei soldi sprecati (spesso le inaugurazioni non dicono dei ritardi e degli aumenti dei costi delle suddette opere). Di un immobilismo di tradizione. Di una rassegnazione, da parte dei cittadini, sempre più dilagante.
E, quindi, di fronte a quella o quell’altra inaugurazione (con taglio del nastro e fotografia a corredo) che non è stata proprio una genialata comunicativa, il consiglio di chi ipocrita non è, è proprio quello di evitarle, è roba vecchia, da pre-anni ’90: anche perché ci vuole poco a trasformare quella forbice che taglia il nastro in un boomerang.
Anche perché, poi, i cittadini partono sui social alla grande, con pungente ironia: “Ho tagliato la siepe e l’erba in giardino, così rispetto le regole del buon “frontista”, cosa devo fare? un’inaugurazione?”; oppure “Ho messo i bidoncini dei rifiuti alle ore e nei giorni giusti, cosa devono fare? un’inaugurazione?”. E a seguire tutto il sarcasmo che i social possono scatenare. Amministratori locali, datemi retta, non fate inaugurazioni tanto per fare. E’ una “passerella inutile”, una “messa in scena ridicola”, per giunta con stuolo dei soliti assessori regionali o consiglieri provinciali che sostengono il “protagonista” che taglia il nastro dell’inaugurazione, spesso degli stessi partiti di riferimento, obbligati ad esserci a questa cerimonia civica. Se volete inaugurare, fatelo quando le opere sono veramente completate. Non quelle di ordinaria o straordinaria manutenzione. Che sempre manutenzione è.
In buona sostanza, i tagli di nastro per le opere pubbliche rappresentano un momento simbolico di celebrazione per la comunità, ma anche un’occasione per i politici o amministratori locali di mettersi in mostra: vengono percepiti come mera propaganda, un evento vuoto e fine a se stesso, e non riflettono adeguatamente le complesse dinamiche che hanno portato alla realizzazione dell’opera.
Ma, ecco, la bontà di certi altri cittadini, che dicono: il sindaco o assessore di turno, però, va capito, almeno un po’ di indulgenza è da dare: perché senza neanche un’opera pubblica fatta, né iniziata in questi anni, c’è il rischio di farle arrugginire quelle forbici e che la giacchetta d’ordinanza passi fuori moda. Qualcosa bisogna pur inventarsi per far sentire che c’è qualcuno a Palazzo.
Chissà che alcune inaugurazioni (con taglio del nastro e fotografia a corredo) siano sufficiente ad invertire la rotta, perché i poveri cittadini e comuni mortali sarebbero disposti anche ad assistere al taglio del nastro per ogni buca riparata, purché qualcosa si muova in città.
Il taglio del nastro, anzi, sarà concesso anche per opere meno “materiali”, come sensibilizzazione sul rispetto delle regole (Codice della Strada), sui temi della pace, della legalità, della giustizia civile, della tolleranza, della diversità, della sicurezza, dell’ambiente; promozione della cultura e delle attività ricreative, sociali e sportive; riorganizzazione della macchina amministrativa. Tutto per un Comune efficiente, dove le opere si programmano, si finanziano, si realizzano e poi si inaugurano. Dove la manutenzione è manutenzione, e si fa, ordinaria o straordinaria che sia, senza troppi fronzoli, nastri e giacchette di ordinanza. Giusto ricordare che nei Paesi più evoluti e con meno “lecchinaggio” del nostro, le manifestazioni hanno una “madrina” e non i “padrini” …
In conclusione: una maggiore attenzione alla trasparenza, alla comunicazione onesta e al coinvolgimento della comunità nella fase di realizzazione delle opere che poi si andranno ad inaugurare, sarebbe auspicabile per garantire che queste inaugurazioni (con taglio del nastro e fotografia a corredo) abbiano un reale significato e valore per la collettività.
Andrea Bonomi