La straordinaria storia di una coppia di Dossello che da qualche anno ha scoperto il piacere del pellegrinaggio, percorrendo in particolare, anno dopo anno, gli innumerevoli cammini che conducono a Santiago di Compostela.
Sono Carmen Arizzi (61 anni) e suo marito Marco Carrara (63), sposati da 41 e mezzo, genitori di due figli e nonni di cinque nipoti. Lei si occupa di tutto quanto ruota attorno alla famiglia, lui ha un’azienda nata come impianti di irrigazione, ma che poi ha deciso di convertire in un lavoro ancora più fantasioso: realizza fontane, per diversi Comuni e per Leolandia ad esempio.
Abbiamo incontrato Carmen (Marco era al lavoro), vivono in una bella casa, da loro stessi ripensata e sistemanta, immersa nella nutura della Valle del Lujo.
«Ci definiamo pellegrini – ci spiega Carmen – L’esperienza del pellegrinaggio ha cambiato completamente la nostra vita, sicuramente in meglio. Abbiamo sempre avuto la passione del camminare, poi con gli impegni familiari e il lavoro l’abbiamo un po’ accantonata».
Come avete inizito questi cammini?
«Fino al 2015 le priorità erano i figli e la casa. A un certo punto abbiamo ripreso a camminare con un gruppo di amici, si partiva al mattino e si tornava la sera condividendo il pranzo».
E il passo successivo?
«Non succede nulla per caso. Noi, ormai 15 anni fa, abbiamo sentito parlare per la prima volta del cammino di Santiago con il film The Way. Dopo la visione, ci siamo guardati con le lacrime agli occhi e ci siamo promessi che prima o poi lo avremmo fatto anche noi. Nel 2016 iniziamo a camminare; nel 2017 cominciamo a pensare alla possibilità, magari una volta in pensione, d’intraprendere il Cammino di Santiago; nel 2018 cominciamo a testare cammini di casa con il bello e il cattivo tempo. Un giorno, sotto la pioggia, sulla ciclopedonale in zona Clusone eravamo noi due, soli con il nostro zaino, era fine febbraio e faceva freddo; ci si affianca una persona, aveva un bel passo, si ferma e ci dice: “Oh che bello vedere delle persone con lo zaino”. Poi ha iniziato a raccontarci della sua esperienza del cammino di Santiago, c’era amore e gioia nelle sue parole. Quando ci siamo lasciati, dopo dieci minuti Marco mi dice “a ottobre partiamo”… la mia testa era già là, a Santiago. Abbiamo quindi pianificato la preparazione del viaggio e intensificato l’allenamento con la scoperta “a piedi” del nostro territorio».
Cosa vi ha spinto a partire?
«La mia motivazione è anche di fede. Marco l’ha fatto come prova, come sfida, ma poi ha compreso che era qualcosa di più. Nel massimo rispetto per ognuno è comunque una forte esperienza spirituale, aiuta a ritrovare senso e si rinnova in tutti i cammini».
Quanti cammini di Santiago avete compiuto?
«Otto o nove, solitamentamente nei periodi di lavoro più leggeri per Marco (ottobre e febbraio). Il primo quello classico, “il francese”, tra ottobre e novembre 2018; il cammino parte da Saint-Jean-Pied-de-Port, ma noi siamo partiti da Lourdes. Già 800 km a me sembrava una cosa così difficile e invece ne abbiamo percorsi 1050, arrivando fino all’oceano. Nel febbraio 2019 è stata la volta del “portoghese” da Lisbona salendo per 800 chilometri. Non contenti, in ottobre, abbiamo percorso i 1400 chilometri della “Via della Plata” da Siviglia (partendo però da Cadice) fino all’oceano. Nel 2020 il cammino del Levante che parte da Valencia; negli anni seguenti la “Ruta de la lana” da Alicante, il “Cammino Mozarabico” da Almeria passando da Granada, il “Cammino del nord”, il “Cammino dell’Ebro” e l’anno scorso l’Olvidato cioè il cammino nascosto (dimenticato) che parte dai Paesi Baschi»
Tutti arrivano a Santiago?
«Tutti, è una ragnatela di cammini che convergono a Santiago».
Come è camminare così a lungo?
«La prima settimana è durissima, ci sono giornate che possono pesare, ma ogni mattina nuove energie ti fanno ripartire per gli almeno trenta chilometri giornalieri. Non eravamo mai stati, nonostante tanti anni di matrimonio, un mese insieme giorno e notte, io e lui. Siamo un po’ invidiati da chi cammina da solo, perché certe emozioni, quando arrivi a casa, noi continuiamo a riviverle: gli incontri, le albe, i tramonti, i profumi, i paesaggi, la natura, le fatiche, i traguardi, tutto. E poi ci si conosce di più e si crea una sintonia incredibile»
E i rientri?
«Non sono sempre facili. Staccare così tanto tempo vuol dire accantonare determinate cose. Quando sei in viaggio, capisci che ti serve poco: uno zaino, tre cambi, piove, sei felice. Capita che rientrare nel caos della vita quotidiana diventa difficilissimo. Io rientro sempre volentieri, adoro la mia casa, amo i miei figli e nipoti, ho tante amicizie. Marco fa un po’ più fatica. C’è anche chi si perde lungo il cammino e non vuole ritornare alla vecchia quotidianità».
I vostri figli cosa vi dicono riguardo a queste vostre esperienze?
«Loro non hanno questa passione, non so neanche se ci comprendono, ma ci lasciano fare; a volte penso che ci prendano un po’ per pazzi, come tanta gente, ma non importa. Però, sono contenti perché vedono che siamo felici».
E adesso, di nuovo in viaggio…
«Non vedevamo l’ora di ripartire e dal 15 ottobre siamo di nuovo in cammino: da Dossello al porto di Genova, poi in nave fino a Barcellona per scendere fino a Valencia in pullman dove inizieremo il “Cammino del Sureste” passando da Toledo e Avila».
Fabio Gualandris









