Lo aspettavo da tempo, un anno. Troppo bello fare il presepe. In Avvento la sua preparazione ha un significato unico e profondo e dà forma tangibile alla mia, e della mia famiglia, attesa del Natale. Una tradizione che proprio quest’anno si è ulteriormente qualificata, perché si è festeggiato un anniversario importante: sono infatti trascorsi esattamente 800 anni da quel Natale del 1223 in cui Francesco d’Assisi, reduce dalla Terra Santa, vide nelle grotte del paesino laziale di Greccio una somiglianza con Betlemme e manifestò il geniale desiderio di rievocare in quel luogo la nascita di Gesù.
Quindi, via alla sua realizzazione. Ma come albinese non ho potuto non ammirare durante le festività natalizie il grande presepe nella roccia di Comenduno, uno dei miei presepi “di ispirazione”, che tanto mi ha dato quando ero giovane, passando con i genitori in frazione ad osservarlo, e che ora mi cattura, e mi ha catturato, ancora come allora.
Un presepe d’annata, impossibile da scordare, ma da trattenere e valorizzare ulteriormente, come memoria delle nostre tradizioni albinesi. Tutto è nato nel 1982, quando Aldo Noris, che abitava di fronte alla grotta, pensò di sistemarvi una semplice Natività. Da allora, il presepe di Comenduno ne ha fatta di strada: certo, la natura del luogo, la sua originalità di incavo roccioso, ci ha messo la cornice, ma poi, nel corso degli anni, tutto si è sviluppato, ampliato, potenziato, come lo si è visto in questo Natale, con migliaia di pezzi posati e ambientati, grazie all’impegno di un bel gruppo di volontari. Creatività, abilità, passione, fede. Anche quest’anno il presepe di Comenduno, in via Sottocorna, ha affascinato grandi e piccini, aggrappato alla roccia di una grotta naturale. Una tappa irrinunciabile per molti, anche per me. Una magia che ha acceso gli animi, anche i miei, che già da novembre sbirciavo i volontari del gruppo “Amici del Presepe di Comenduno”, per carpire trucchi e segreti, che potessero servire al mio presepe casalingo. E gli aiuti, gli stimoli sono arrivati, guardando i personaggi e i loro movimenti; come pure il movimento dei mulini e delle macine; vedendo come erano costruite le case con i coppi, piccoli, di pochi centimetri, realizzati a mano e cotti al forno. Tanti meccanismi che mi hanno meravigliato, stupito, coinvolto, oggi come allora. E poi le musiche, le luci che accompagnano il passaggio tra il giorno e la notte. Una favola vedere questo villaggio in miniatura, con rappresentati i lavori e i mestieri di una volta, tipici della Val Seriana.
Un presepe “all’aperto” veramente ricco di casette, castelli, ponti levatoi, statuine: un autentico spaccato della vita quotidiana, riprodotto con scene di ambientazione contadina e boscaiola, con “quadri” naturali che rimandano alla vita di Gesù. Il tutto con dovizia di particolari.
Insomma, uno scenario roccioso di grande effetto e suggestione; davvero, una “quinta” di teatro naturale che tutti gli anni gli albinesi, e non solo, attendono con trepidazione, per portare i propri bambini o per… ritornare a quando si era bambini.
E, come detto prima, sono rimasto catturato da questa bellezza che, oltre ad aiutarmi nella preparazione del mio presepe, mi ha anche sostenuto nel cammino di Avvento, dandomi ulteriori certezze.
Questa rappresentazione mi ha aiutato ad immaginare le scene della Natività, a sentirmi coinvolto nella storia della salvezza, a “toccare” la povertà che il Figlio di Dio ha scelto per sé nella sua Incarnazione. E così, implicitamente, è stato per me un appello a seguirlo sulla via dell’umiltà, della povertà, della spogliazione, che dalla mangiatoia di Betlemme conduce alla Croce.
L’invito è chiaro: possono essere antichi e monumentali, dal grande valore artistico o moderni e simbolici, differenti nei materiali, negli sfondi, nelle scenografie, nei modi di riprodurre il cielo stellato, ma facciamo il presepe! Attraverso il presepe, di generazione in generazione, si trasmette la genuinità della fede in quell’evento di salvezza sempre nuova: Gesù viene nelle nostre case, così come noi andiamo da lui, immedesimandoci chi in uno, chi in un altro dei tanti personaggi che nella nostra rappresentazione si avvicinano a quel bambino appena nato.