Merita ulteriori attenzioni un documentatissimo libro, presentato in Biblioteca civica lo scorso inverno: “Una fabbrica e il suo paese” di Giampiero Valoti.
Non parla di Albino e degli Honegger, storia orfana di una pubblicazione che sarebbe degna, ma dell’analoga storia de “La filatura di cotone Crespi di Nembro”, storia che, tuttavia, in alcuni punti tocca quella di Albino. Sono oltre 200 pagine di ampio formato, ricche anche di fotografie, a testimoniare come questa fabbrica abbia segnato Nembro e tante sue famiglie. Soprattutto due le date, nel libro di Giampiero Valoti, che toccano Albino: il 1930-1931 e il 1944-1945.
Del 1930-1931, nella crisi economica mondiale, si ricorda quanto avvenne a Gazzaniga, a Nembro e ad Albino: nel 1930, uno sciopero al cotonificio Beltracchini di Gazzaniga; nel 1931 altri, prima a Nembro e, una settimana dopo, ad Albino.
Ulteriori notizie del 1930, che riguardano un’albinese, si possono trovare anche sul database “Sovversivi”, realizzato dai proff. Mangini e Vittori, nel sito di Archivio Bergamasco: l’8 giugno 1930 entrarono in sciopero 800 operaie del cotonificio Valseriana di Gazzaniga, di proprietà Beltracchini; Giuseppina Belotti di Vall’Alta, uscì dallo stabilimento cantando, sulla musica di “Bandiera rossa”, queste parole: “Mussolini comanda, il re ubbidisce, il papa benedice, Beltracchini fallirà”; per questo fu denunciata.
Valoti (pp. 110-111) ricorda che il 15 maggio 1931, alla filatura Crespi di Nembro, 1.000 operaie e 200 operai, sospesero il lavoro per alcune ore. Il fatto può essere collegato a quanto successe agli Honegger di Albino, una settimana dopo. E anche su questo ulteriori analitiche notizie si possono trovare nel database di Archivio Bergamasco, consultato alla voce Luoghi o a quella Cognomi.
Nel 1931, a maggio di 94 anni fa, le donne operaie dello stabilimento Honegger, non gli uomini, alzano la voce contro la riduzione del 30% delle loro paghe e le condizioni di lavoro. Angela Noris di Fiobbio, di 26 anni, “maestra” delle operaie, blocca la produzione dei suoi telai. Viene immediatamente licenziata. La mattina dopo, avuta conferma del suo licenziamento, invita le compagne a fermare le loro macchine: centinaia di operaie su un totale di 600 incrociano le braccia, non abbandonando lo stabilimento e opponendosi allo sgombero.
La questura fascista fa intervenire i regi Carabinieri: le promotrici dello sciopero sono caricate su un camion, non Angela Noris che sfugge all’arresto: Emma Barcella del 1910, filatrice, Maria Belotti del 1909, filatrice, Ida Brugali del 1893, filatrice, Egidia Camozzi del 1911, tessitrice, Maria Cuter del 1902, filatrice, Teresa Fogaccia del 1906, tessitrice, Angela Elisabetta Moroni del 1905, tessitrice, e Ida Testa del 1909, filatrice. In segno di solidarietà 200 operaie del vicino Cotonificio Albini decidono di sospendere temporaneamente il lavoro.
Il 24 maggio, quattro arrestate sono condannate dall’apposita Commissione provinciale fascista a 2 anni di confino, a Nuoro, in Sardegna, altre ammonite. Il 2 giugno è carcerata Angela Noris.
Le donne sono difese dall’avvocato Eugenio Bruni (socialista, poi prigioniero a Dachau con don Seghezzi) e dal prevosto di Albino, Ercole Bezzi, le cui lacrime possono aver commosso i fascisti: il 5 giugno sono ammonite e scarcerate. Si sentono comunque bollate, tanto che Egidia Camozzi ricorderà che la sua prima preoccupazione, sul camion dei Carabinieri, fu che nessuno le avrebbe più chiesto di sposarla.
L’ANPI di Albino ha in animo di porre una targa commemorativa per queste donne albinesi che, protagoniste de “La resistenza lunga” (v. in Biblioteca il libro di Simona Colarizi), da sole, in una società maschilista, in un’economia capitalista, in un regime totalitario e violento, trovarono il coraggio di scioperare.
Intanto, l’Archivio storico del Cotonificio Honegger, presso la Fondazione Legler, attende chi possa imitare il prof. Valoti.
Un’altra vicenda, che nel libro del professor Valoti (pp. 139-159) collega Albino a Nembro e non solo, anche a Genova, avvenuta negli ultimi anni della Seconda guerra mondiale, è quella, poco nota, degli impianti dell’Ansaldo.
Per sfuggire ai bombardamenti alleati, dall’agosto 1944 i tedeschi trasferirono, con le ferrovie, macchinari e anche operai genovesi in Val Seriana, alla Crespi di Nembro, all’Honegger di Albino, a Gazzaniga e Ponte Nossa, per produrvi cannoni. Come andò a finire sta nell’ampio, documentato, racconto del prof. Valoti, in un capitolo che da solo merita la lettura, su una vicenda trascurata dagli storici, anche liguri, salvo uno studio della rivista dell’ISREC “Studi e ricerche di storia contemporanea” del giugno 2001. Chi avesse fretta di saperne il finale può trovarlo sulla targa posta sul vecchio Municipio di Albino, dedicata, dall’ANPI, al partigiano maestro Dante Spinelli, uno dei protagonisti del boicottaggio della produzione.
A.C.