AMADIO BERTOCCHI
Poeta dialettale
Nato 66 anni fa a Cazzano S.Andrea, ma residente ad Albino da ben 50 anni, per la precisione dal 19 agosto 1964, Amadio Bertocchi è una delle persone più conosciute e stimate ad Albino. Capace e volitivo, sempre impegnato in tante attività, seppur in pensione, si sta distinguendo nel panorama culturale albinese per la sua verve poetica, per la sua passione verso il teatro dialettale, ma soprattutto per la sua attenzione alla storia locale, alle tradizioni, agli usi e costumi propri della comunità albinese. Non per nulla è conosciuto in ambito locale, e nei teatri di provincia, per essere scenografo e attore della Compagnia Teatro Stabile Dialettale Città di Albino, ma anche per essere un apprezzato poeta in vernacolo (molte delle sue poesie hanno trovato spazio anche nel nostro mensile). Ebbene, la direzione di Paese Mio lo intervista per conoscere meglio la sua passione artistica, alla luce del fatto che a breve, il prossimo 8 novembre, presso l’auditorium “Mario e Benvenuto Cuminetti”, presenterà il suo secondo libro di poesie, dal titolo “Sich agn de poesìe”. Un’occasione per conoscerlo meglio.
Presentiamo Amadio Bertocchi…
Sono di Cazzano S.Andrea, classe 1948; là, in Val Gandino, ho fatto le scuole elementari (un saluto particolare alla maestra Rina Cattaneo), mentre le scuole medie le ho frequentate presso gli Scalabriniani, a Rezzato, in provincia di Brescia. A soli 16 anni già ero ad Albino, assunto presso la Scuola Apostolica dei Padri Dehoniani come addetto alla segreteria; poi, nel ’76 ho iniziato a fare il custode, lavoro che faccio ancora adesso; certo, prima per i Dehoniani, ora per il Comune di Albino, come custode del centro sportivo “Rio Re”. Ho fatto anche il militare, assolto fra gli alpini, come addetto alle trasmissioni e ai dispacci dattilografati, nel quartier generale del 4° Corpo d’Armata, di stanza a Bolzano, compagnia “Tirano”.
Ma come si è avvicinato alla poesia?
Diventare poeti è stato per me molto semplice, sono curioso, mi interesso di tutto, mi piace interessarmi alla vita sociale, mi piace partecipare a feste e sagre. Da lì, da quel mondo popolare, trovo i motivi della mia ispirazione. All’inizio erano poesie in lingua italiana, poi pian piano la scoperta del dialetto bergamasco, una vera e autentica miniera d’oro, dalla quale ho attinto tantissima gioia nella ricerca di parole desuete e poco conosciute, locuzioni e frasi di genere, proprie della parlata popolare, spesso andate fuori moda. Il tutto, condito da uno studio del dialetto bergamasco, per appropriarmi delle parole più adatte e meglio attinenti ai concetti che voglio esprimere.
Quindi, una scoperta graduale delle proprie capacità?
Certo, non si nasce subito istruiti, ci vuole passione, motivazione, tenacia, ma anche studio, approfondimento, ricerca continua. Ma di fondo, come dicevo, ci deve sempre essere una grande curiosità, occhietti vispi, sguardi sempre attenti, per cogliere ogni più piccola sfaccettatura della vita quotidiana, ogni piega del carattere delle persone, ogni pagliuzza di situazioni “on the road”, alcune simpatiche, altre divertenti, altre ancora folcloristiche o di natura popolare. Così, si arricchisce il bagaglio culturale, base per poter scrivere con giudizio.
Quante sono le poesie che ha scritto, finora?
Quasi 350, in gran parte inserite all’interno del mio primo libro, “I mé poesie”, che ho presentato, in occasione della rassegna culturale “Terre di Albino”, il 15 ottobre 2010. Mentre un centinaio sono presenti nel mio secondo libro, “Sich agn de poesie”, che presenterò al pubblico il prossimo 8 novembre, alle 20.30, presso l’auditorium comunale di Albino, anche questa volta all’interno del programma delle “Giornate della Storia e dell’Arte”. Da diversi anni, ormai, mi diletto a scrivere poesie, a vergare emozioni e biografie in vernacolo: dopo cinque anni di lavoro, ecco il risultato, oltre 100 poesie in dialetto bergamasco, “schegge” di poesia dedicate a persone della comunità albinese e ad avvenimenti sportivi, culturali e sociali, che ritengo emblematici della storia e della tradizione locale.
Ma qual è l’obiettivo profondo del suo lavoro di poeta dialettale?
Voglio che il dialetto venga amato dalla gente, venga conservato e mantenuto integro nella storia di tutti i giorni e, magari, diffuso fra le nuove generazioni. Sarebbe un peccato che venisse perduto: la nostra parlata dialettale l’abbiamo imparata senza andare a scuola e con essa abbiamo fatto i primi passi nel farci capire e comprendere dalle persone che ci circondavano. Ora, l’avanzata della lingua italiana sta facendo morire il dialetto. No, dobbiamo salvarlo, mantenerlo in via, con rassegne teatrali ad hoc, con eventi che lo esaltino come elemento caratterizzante della nostra cultura.
Chi lo affiancherà nella presentazione del suo nuovo libro di poesie?
Ci saranno due cori, la Polifonica di Albino e il coro “La Terza Università” di Bergamo; ci saranno gli amici della Compagnia Teatro Stabile Dialettale Città di Albino, che metteranno in scena una poesia del grande poeta dialettale Francesco Minelli, detto “Pacèco”; ci sarà il coro “Stella Alpina” del Gruppo Alpini di Albino; e Giusy, che si esibirà in danze latino-americane. A presentare il tutto ci sarà l’amico Roberto Moroni, regista della Compagnia Teatro Stabile Dialettale Città di Albino.
Ma la cerimonia di presentazione del libro ha anche una valenza solidale…
Sì, il ricavato della vendita dei libri, tolte le spese, andrà a contribuire alle spese di rifacimento di una parte del tetto dell’Oratorio “San Giovanni XXIII”, che ne ha urgente bisogno.
T.P.






