Ascoltando il concerto di S. Ippolito, ti chiedi dove è finita la banda. Infatti ha subito una metamorfosi: da bruco è diventata farfalla. Questa trasformazione è frutto della crescita graduale di una banda sempre improntata a volontà di gelosa conservazione e di sviluppo. Proprio come sono segni della crescita annuale i cerchi concentrici che si vedono nel tronco sezionato di un albero.
Questa istituzione diffusa in tutti i paesi costituisce un forte elemento aggregativo e una carica di identità che la fa perdurare e crescere nel corso di secoli. Talvolta è stata relegata nelle angustie municipalistiche, come è sucesso -ma si può pensare ad un incidente lessicale- al Consiglio Comunale che il 9 maggio 1883 volle che fosse chiamato “Banda municipale“quel “Corpo Musicale” sudato e compattato da Giulio Bonomi e dall’irrequieto Matteo Merla, sostenuto dal parroco don Evangelista Frassoni, che da tempo riteneva ingiusto dover ricorrere a costose chiamate esterne comunque estranee alla comunità.
Non bastava il piccolo coro parrocchiale animato dal bravo cappellano-corista Don Elia Corna: mancava una banda. Finalmente il 28 luglio1882, durante l’annuale corteo solenne di traslazione del Crocifisso Miacoloso dal Rovaro alla parrocchiale con il Vescovo Guindani, si potè leggere la commozione negli occhi di tutta la gente che per la prima volta ascoltava l’accompagnamento musicale di una propria banda.
Era l’orgoglio di un’autonomia conquistata, come si legge nella stessa delibera, da una “eletta schiera di giovani operai che ricrea lo spirito nella musica con sacrifici della propria borsa” e presta con assiduità il servizio di “ sonare gratuitamente alle feste parrocchiali e comunali”. L’orgoglio si manifestava anche nella ammirazione della divisa, espressione di un folclore genuinamente locale: “Vestito di panno blu scuro filettato con panno color solferino, berretto o chepì pure blu scuro con piuma color solferino e sciabola al fianco sinistro”.
L’eletta schiera era composta da pochi elementi, selezionati e addestrati dal bravo Giulio con l’aiuto dell’energica operosità di Matteo,“Uno dei belli ornamenti dell’educazione dell’uomo”.Così conclude la delibera consiliare riscattandosi dal campanilismo, puramente verbale, dimostrando saggezza pedagogica.
Lenta ma visibile fu la crescita. Dieci anni dopo la fondazione la banda aveva raggiunto la ventina di elementi, che potevano entrare dopo due anni di studio con esame finale, con sede nello scantinato di casa Coretti, in Via Regia Postale per Clusone, ora Via Manzoni, dove sostavano le diligenze del servizio postale. Alcuni elementi provenivano dalle otto classi delle scuole elementari del Cotonificio in Via Damiani dove l’organista Giulio Bonomi insegnava musica introdotta nei programmi didattici, precedendo di oltre mezzo secolo lo stato.
Modesta era la dotazione degli strumenti a fiato, legni, ottoni e percussione, in “do” che rimase fino al 1922 quando il successore Alfonso Bettinelli acquistò i nuovi strumenti in “si bemolle”. Tuttavia già nel primo decennio la piccola banda raggiunse risultati e traguardi impensati. Nel 1892 partecipando a un concorso di undici bande fu classificata al terzo posto. Nel 1896 al concorso indetto dal Comitato pro Bergamo in occasione della fiera di S.Alessandro meritò il primo premio, la medaglia di Vermeil e Lire 200.
Organista, docente e direttore della banda, Giulio Bonomi lavorò fino alla morte, che lo colse nel 1897 ma non gli impedì di entrare nella memoria comunitaria tra i personaggi notevoli della storia di Gazzaniga. Per la banda egli segna la prima tappa di un glorioso percorso, i primi cerchi nel tronco di un fruttuoso albero .
(continua)
Angelo Bertasa









