Nel sesto anniversario della morte, avvenuta il 23 marzo 2018, di mons. Lino Belotti, Vescovo ausiliare di Bergamo e Vicario Generale (per tutti “Don Lino”), è stato inaugurato il piccolo monumento, posto sul fianco sinistro dell’ingresso principale della chiesa parrocchiale, quale segno tangibile della dedica di tutto il sagrato alla sua persona.
La sua figura è ancora viva nella comunità di Comenduno, memore della sua cordialità e bontà d’animo, segno di un suo attaccamento alla comunità in cui amava rifugiarsi appena i suoi impegni gravosi glielo consentivano.
Così ha pronunciato il parroco don Alfio Signorini, durante la benedizione del monumento: “Don Lino di Comenduno, un figlio di questa terra, nato in una famiglia presente nella sua comunità con radici profonde, un cristiano, un credente che ha scelto come modo di raccontare l’amore di Dio facendo il prete, ministero svolto in tanti modi, in tanti luoghi, viaggiando non solo per terre d’Italia, ma anche all’interno dell’Europa, nei tempi in cui essere cristiani ed essere preti non era facile, soprattutto nell’Emilia Romagna, a Comacchio, ed a Goro, dove, sicuramente, dopo la Seconda guerra mondiale le ideologie politiche mettevano uno contro l’altro; oppure in Svizzera, dove l’indifferenza, o peggio il razzismo nei confronti degli italiani, costringevano tanti fratelli, obbligati nel Dopoguerra ad emigrare, costretti a lavorare nei boschi della Francia e della Svizzera o nelle miniere del Belgio. In questi luoghi lui, Don Lino, esercitava il suo ministero e passeggiava portando il suo sorriso, cercando di abbassare i toni, dando coraggio di fronte all’umiliazione. Un uomo che ha coltivato e custodito la pace attraverso la concordia, attraverso il perdono, soprattutto con la mitezza, fatta con sorrisi e con ascolti generosi. Un uomo che ha coltivato il progetto di una chiesa che potesse essere accanto ad ogni migrante, ad ogni popolo lontano da casa, lontano dalla famiglia. Un uomo che ha cercato di far conoscere alle istituzioni politiche la forza ed i valori di tanti fratelli all’estero, risorse non problemi da gestire, possibilità di futuro e non zavorre del passato. Lui che ha dato forma ad un ufficio che non esisteva nell’ambito della CEI, a Roma, l’ufficio dei Migrantes, e da lì poi sviluppatosi in ogni diocesi, e portando all’attenzione pastorale una cura per coloro che, come noi italiani, adesso sono costretti a vivere lontano dai figli, dalla famiglia e dalla terra in cui sono nati. Guardati con sospetto, spesso umiliati perché non sanno parlare bene la lingua per loro ancora straniera e a volte tacciati di portare malattie o delinquenza. Ecco lui, Don Lino, che ha fatto di questa missione il suo modo di testimoniare il Vangelo di Gesù accanto a tutti i “posti in croce”, dando speranza di resurrezione. A lui vogliamo intitolare questo sagrato, perché il suo ricordo faccia crescere in noi questi pensieri di vita buona, faccia crescere in noi il sogno di una fraternità umana, in cui chiunque, e ovunque si trovi, non sia mai guardato come uno straniero”.
Mario Maffioletti