I fratelli Moioli di Desenzano
Gli “illuminatori”. Dal santuario del “Miracolo” di Desenzano al Serio, al duomo di Bergamo, dal campanile di Castione della Presolana, a quello di S. Alessandro in Colonna in città, (di ben 80 metri, il più alto della bergamasca) i fratelli Bruno e Corrado Moioli, per addobbarli di colorate lampadine, (quelle che volentieri vediamo illuminate di notte, nelle grandi solennità), fanno vere acrobazie. Gli “illuminatori” Bruno e Corrado sono purtroppo gli ultimi eredi di un mestiere pericoloso, incominciato a Desenzano ai primi dell’900 dal nonno Giovanni e continuato dal padre Camillo. Fu Giovanni dal 9 ottobre 1910 a inaugurare l’attività di illuminatore quando, garzone per impresa edile, diplomatosi al “Moretto” di Brescia in disegno architettonico, si occupava della progettazione delle casseforme per i cementi decorativi, vide che le strutture in legno che realizzava e dipingeva, potevano prestarsi a ospitare ceri per essere veduti anche la notte. Così lasciò il suo impiego e si mise in proprio dedicandosi interamente all’attività di decoratore e illuminatore. Incominciò allora a mettere i bicchieri variopinti, pieni di grasso, accesi, poi è arrivata “l’energia elettrica”. Nei giorni della solenne novena di ottobre fino a tutta l’ottava dell’Apparizione, le facciate del santuario e della parrocchia, i due campanili e dalla strada, dal cimitero fino al municipio di Albino, è tutto un arco di luce. Il suono solenne delle campane tra i quattro grandi archi illuminati della “torre nolare” sembra più maestoso e solenne. Da vari anni i fratelli Moioli, nipoti di Giovanni, risiedono a Grassobbio ma hanno sempre il cuore a Desenzano, al “paese natio” dove sono nati e dove viveva la mamma, scomparsa da poco. L’angelo del nostro campanile (m 3,50) li conosce molto bene, perché tutti gli anni vanno a fargli visita (non solletico). Con la loro provata esperienza, si arrampicano sui tetti delle chiese e sui campanili e riescono ad illuminare più di cento chiese in un anno, con una media di tre o quattro alla settimana. In una solo giornata sono in grado di illuminare l’esterno di una chiesa, compreso il campanile. La “concorrenza” non esiste, perché si tratta di un lavoro molto pericoloso; oltre cento chiese e campanili ogni anno in Lombardia sono stati da loro visitati. Sanno arrampicarsi anche fino a 80 metri di altezza senza imbracature e solo con l’aiuto di una scala. Ci vuole molto sangue freddo e non si devono soffrire capogiri e vertigini. Può capitare che un temporale, il vento, la neve o un vecchio cornicione facciano perdere l’equilibrio, ma finora non è mai capitato niente di grave se non l’improvvisa oscillazione di qualche campana maldestra o qualche scivolata da… brivido. La “passiù…”. Non esiste nessuna assicurazione disposta a rischiare una polizza sulla vita di chi lavora in condizioni di rischio così elevate; è per questa ragione che non hanno mai assunto nessuno alle loro dipendenze. Questo mestiere i fratelli Moioli l’hanno nel sangue, se si pensa che fin da quando andavano all’asilo, il loro padre Camillo li portava con sé in cima ai campanili: “Ci legava ben stretti, per abituarci all’altezza. Poteva lasciarci li sospesi per aria, anche mezza giornata”. Da quando posano il piede sul primo piolo della scala di sei metri, sanno che possono incontrare il pericolo e rischiare di cadere. Loro l’hanno sempre saputo e sono tranquilli; ma di perdere il lavoro, neanche a parlarne. La “passiù…”.
Nellio Carrara