Una delle più grandi avventure motoristiche al mondo, dove la parola avventura ha la A maiuscola. Un viaggio incredibile attraverso l’Europa, il Medio Oriente e le lande desolate dell’Asia Centrale. Un’esperienza unica, per chi ha del fegato da vendere, adatta solo ed esclusivamente ai più impavidi, che masticano adrenalina, agli appassionati più autentici delle quattro ruote (ma anche delle due ruote). Questo è il “Mongol Rally”, una corsa nata dalle menti folli dei membri di The Adventurists, una società di organizzazione di eventi specializzata in viaggi avventurosi, che ha preso il via lo scorso 13 luglio da Praga (Repubblica Ceca).
Il “Mongol Rally” è una gara pazzesca, in cui le classifiche non sono l’obiettivo principale. L’importante è riuscire a tagliare il traguardo. Chi partecipa a questa corsa, infatti, ha carta bianca nella scelta del percorso da seguire lungo i 15.000 km che separano il punto di partenza della competizione (Praga) e il traguardo che, nel corso degli anni si è spostato da Ulan Bator, la capitale della Mongolia, a Ulan Udè, città della Buriazia, vicino al Lago Bajkal, nella Siberia Meridionale, fino al Kazakistan, a Oskemen, come avviene in questa edizione 2025.
Liberi di manovrare a piacere nei vari Stati e nelle tappe della road map, ma limitati da regole che rendono ancora più dura questa “follia su quattro ruote”. Per esempio, l’auto deve avere almeno 10 anni e un motore con una cilindrata inferiore ai 1.200 cc. E attenti: non c’è alcun tipo di assistenza lungo il tragitto. Alla faccia della sicurezza.
Insomma, è la “corsa più pazza del mondo” che, nel corso degli anni, ha attirato moltissimi spiriti temerari. Fra questi, quest’anno ci sono due “folli” piloti seriani. Il primo è Paolo Gandossi 66 anni di Cene, professione restauratore d’auto, sposato con Federica. Nel suo bagaglio parecchi viaggi in moto (in passato) e con “Avventure nel mondo”. Grande appassionato di auto d’epoca e moto fuoristrada d’epoca, pratica regolarità, correndo nelle tappe del campionato italiano Gruppo 5, e anche motocross. Il compagno d’avventura è Mauro Milesi, 67 anni di Gazzaniga, professione carrozziere, sposato con Antonella, che si è occupata delle assicurazioni e dei visti d’ingresso nei vari Stati. Anche per lui parecchi viaggi in moto, tra cui l’ultimo dalla Terra del Fuoco, in Patagonia (Argentina-Cile), fino in Alaska. Ex-motocrossista, pratica attualmente corsa in montagna e sci alpinismo.
“L’idea di partecipare al “Mongol Rally” è partita nel 2022, ma per la gara del 2023 le iscrizioni erano già sold out, per cui siamo tornati in garage – spiega Paolo Gandossi – Poi, nel 2024, è scoppiata la guerra fra Russia e Ucraina, e anche quell’anno abbiamo desistito. Quest’anno, invece, finalmente si parte. Un’avventura per gente un po’ svalvolata, ma non ci interessano i tanti chilometri che dovremo affrontare: fra andata e ritorno circa 26.000 km. Per giunta su un’auto che è tutto un programma: una Ford Escort del 1972, di 1.100 cc, che abbiamo sistemato per l’occasione”.
“Circa 200 equipaggi allo start – aggiunge Mauro Milesi – Auto economiche, poco potenti e un po’ vecchiotte. Quindi, pura avventura”.
“Noi avevamo deciso di percorrere buona parte della Via della Seta, passando per l’Iran – commenta Paolo Gandossi – Ma per motivi di sicurezza, il programma è saltato. Per cui, dopo la Slovacchia e l’Ungheria, entreremo in Romania, saliremo sul Trasfagarashan, la strada più bella d’Europa, 90 km dentro i Monti Carpazi, fino a 2.000 metri. Poi, toccheremo la Transilvania e la Bulgaria, fino alla Turchia, superando Istanbul e la Cappadocia. E, aggirando l’Iran, saliremo in Georgia, dove a Tiblisi caricheremo la nostra Ford su un camion con destinazione Baku in Azerbaijan: infatti, in questo paese non è consentito entrare con auto private. Quindi, attraverseremo il Mar Caspio in traghetto con destinazione Turkmenistan, verso la capitale Ashgabad, detta la “città bianca”, quella con più marmo al mondo nei suoi edifici. Verso nord troveremo la “Porta dell’inferno”, un cratere di fuoco che brucia da 50 anni, originato dal collasso di una caverna di gas naturale situato a Darvaza. Quindi, in Uzbekistan direzione Samarcanda, e poi a Dushanbe, in Tagikistan: qui, faremo i permessi per percorrere la Pamir Highway, la vecchia Via della Seta, che chiamarla autostrada è un po’ eccessivo, visto che praticamente non è asfaltata. In questo Stato toccheremo una delle nostre mete più ambite, il passo Ak-Baital, il secondo più alto del mondo, a 4.655 metri di altezza. Scenderemo verso il Kirghizistan e, poi, ancora direzione nord per entrare in Kazakistan, dove a Oskemen ci sarà il punto di arrivo ufficiale. Dopo circa 45 giorni”.
“Noi, anziché rientrare in Italia in aereo, proseguiremo in auto – continua Milesi – Entreremo in Russia e poi in Mongolia, percorreremo il paese di Gengis Khan da ovest fino alla capitale Ulan Bator. Quindi, direzione nord, in Russia, dove comincia il rientro: i 6.000 chilometri di Transiberiana ci permetteranno di vedere Mosca; da lì’, Bielorussia, Polonia e Austria. In totale 26.000 chilometri”.
Caratteristica del “Mongol Rally”, già dalla sua prima edizione nel 2004, è il suo scopo benefico. A parte tutte le spese del viaggio, che sono interamente pagate da piloti, sull’auto il tandem Gandossi-Milesi è riuscita ad aporre una decina di loghi di aziende sponsorizzatrici che sostengono l’avventura: ma tutto quello che viene raccolto sarà donato in beneficenza ad associazioni umanitarie che i due già individuato. Tutto molto trasparente.
Per seguire lo sviluppo del “Mongol Rally”, ci si può collegare al sito www.theadventurists.com: tutti gli equipaggi, infatti, sono dotati di localizzatori satellitari.
T.P.