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Quando le scuole erano comunali

15 Giugno 2016
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Nei due numeri precedenti si è constatata la lentezza nell’applicazione del nuovo sistema scolastico austriaco, specialmente nei piccoli comuni di provincia. E anche quando fu istituita una scuola in tutti i paesi, si manifestò il fenomeno dell’assenteismo, a causa di una ancestrale consuetudine dei contadini, ma anche dei piccoli artigiani, di tramandare di padre in figlio il mestiere e quindi di insegnarlo in casa senza bisogno di altro.

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Ma la causa di questo rifiuto va ricercata anche nel sistema educativo sedimentato nei secoli, anzi, nei millenni, che favoriva, con l’affidamento dei figli a precettori privati, il mantenimento della superiorità culturale e quindi del potere politico nelle classi dei nobili, dei possidenti o grossi commercianti. Perpetuava inoltre l’individualismo che camminava nella direzione contraria all’uguaglianza e alla solidarietà.

Nemmeno la Rivoluzione francese riuscì a scardinare una situazione sociale che, come una molla compressa, dopo tante violenze, tornò alla situazione di partenza. I contadini rimasero estranei agli scopi rivoluzionari e continuarono a credere che vale più la zappa della grammatica. Quindi non mandavano i loro figli a scuola o li mandvano solo nel periodo invernale quando i lavori agricoli erano sospesi.

Sono state necessarie norme che imponevano l’obbligo, pena grosse multe. Sono servite anche le prediche dei parroci-direttori per far diminuire le assenze. Questo almeno nelle due classi elementari inferiori. Nelle due classi superiori le iscrizioni erano ancora rarissime, a motivo stavolta anche della distanza, in quanto la terza e la quarta funzionavano solo a Gandino. Per non parlare delle classi del ginnasio, corrispondenti alle attuali scuole medie, che funzionavano solo a Bergamo. Peggio ancora per i Licei.

Conseguenza era il mantenimento dello ‘status quo’, vale a dire del predominio culturale delle classi ricche.

La legge stabiliva: “Dopo la terza classe elementare è in arbitrio di chi vuol dedicarsi agli studi ginnasiali il passare in un ginnasio, ovvero procedere nella quarta classe e, compiuta la medesima, darsi ad un mestiere o entrare in una scuola tecnica”.

Il sistema scolastico austriaco era centralizzato e lo erano anche i programmi scolastici relativi alle varie materie. Da Milano venivano diramate le ordinenze e le circolari con indicazione dei programmi, delle tecniche didattiche e addirittura dei testi da adottare e perfino delle guide didattiche per gli insegnanti.

Per le classi prime era adottato “Il nuovo Abbecedario” e per le seconde “Il Sillabario”. Quest’ultimo costava 14 centesimi austriaci.

Per le classi prime le materie di insegnamento erano: ” Le massime fondamentali della Religione Cattolica. Il leggere. Lo scrivere, con esercizi di aste fino alle lettere medie. L’Aritmetica minore, a memoria. L’insegnamento dei doveri. Esercizi ginnastici e militari (un’ora la settimana, al giovedì in apposito locale).

Per le seconde le materie erano: “I principi religiosi. L’Aritmetica anche in scritto, confronto dei pesi, delle misure e delle monete in corso. I primi precetti per esprimere ordinatamente in scritto le proprie idee, parole composite di lettere medie ascendenti e discendenti, fino alla scrittura corsiva chiara e legata. Elementi di calligrafia. Le regole della decenza e dell’urbanità. Esercizi ginnastici”.

L’anno scolastico era diviso in due semestri. Al termine dell’anno gli scolari dovevano sostenere gli esami alla presenza degli insegnanti, del parroco-direttore e dell’autorità comunale.

Di “determinazione governativa” era la definizione dell’inizio e del termine dell’anno scolastico, mentre l’orario e le ferie erano dettati dall’Imperial Regio Ispettore distrettuale di concerto con l’Amministrazione comunale. La valutazione finale e complessiva veniva formulata con il giudizio sintetico espresso in una delle seguenti parole: reietto(respinto), mediocre, sufficiente, soddisfacente, lodevole, lodevolissimo o ottimo. Agli aluni promossi con i migliori giudizi venivano assegnati premi consistenti in libri istruttivi, per i quali il Comune stanziava ogni anno L.40.

Verso la fine degli anni venti la frequenza aumentò, tanto che nel 1829 la Congregazione di Carità provvide alla sistemazione di un altro locale “ad uso delle scuole elementari minori, affidando l’incarico “al principale intraprenditore del Comune, Antonio Fogliardi, per un costo complessivo di L. 2017,4”. Il Comune procurò l’arredamento, avendo ricevuto la somma di L.456,26 da Luigi Briolini a titolo di prestito senza interessi.

Le scuole erano dette comunali, ma in pratica l’unica autonomia concessa ai poveri Comuni consisteva negli oneri relativi ai locali. Grazie tante!

(continua)

 

Angelo Bertasa

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