Savino Acquaviva, musicista
Savino Acquaviva, 60 anni quest’anno, musicista per professione, insegnante presso il Liceo Musicale di Bergamo, libero professionista, strumentista e direttore d’orchestra, è una persona molto conosciuta nell’ambiente musicale locale, ma anche e soprattutto nazionale e internazionale. Nativo e residente in Gazzaniga, dove è direttore della “Filarmonica Mousiké”, che raccoglie i migliori musicisti bergamaschi, Savino è sposato con Beatrice e ha un figlio, Filippo, e con loro condivide la sua passione per la musica. Nel tempo libero Savino si dedica allo sport, in particolare alla corsa, ed è tifoso dell’Atalanta.
Quando nasce la Sua passione per la musica?
Già da molto piccolo dimostravo una certa attitudine musicale, ho fotografie che mi ritraggono all’asilo mentre suono i tamburelli e mia madre dovette scartare un set di pentole perché avevo il vizio di “suonare” i coperchi, intesi come lo strumento dei piatti. All’età di 8 anni facevo già parte del corpo bandistico di Gazzaniga e avevo già tenuto il mio primo concerto di flauto dolce. Dopo il flauto ho incominciato a studiare clarinetto, strumento che suono tutt’oggi, sotto la guida dell’allora direttore della banda del paese Martorella. La mia passione per la musica l’ho di certo ereditata dalla mia famiglia, in particolare da mio nonno materno, grande appassionato, e da mia zia Daria; grazie a loro ho avuto l’opportunità di avvicinarmi ancora di più alla musica.
Ci descriva il Suo percorso artistico – musicale
Non ero ancora maggiorenne che già suonavo nell’Orchestra Sinfonica della Rai a Milano; andavo in moto fino a Bergamo e da lì prendevo l’autobus. Mi sono diplomato al conservatorio e, dopo il servizio militare, sono diventato direttore della banda di Albino, che dirigo anche oggi. Ovviamente, poi sono diventato anche insegnante di musica, sia nelle scuole pubbliche che in quelle private. Posso dire che la mia vita si è incrociata con quella di persone che mi hanno dato l’opportunità di fare nuove esperienze e di arrivare in alto.
Quali sono i maggiori successi della Sua carriera?
Posso dividere i miei successi in oggettivi e soggettivi: quelli oggettivi sono i concorsi vinti, sia a livello nazionale che internazionale, i premi e i riconoscimenti. Mentre i successi soggettivi sono quelli che comprendono soddisfazioni nascoste, riguardanti ad esempio progetti artistici particolari. Io intendo un concerto, da un lato come un’occasione per celebrare una ricorrenza, dall’altro come un modo di raccontare storie, uno spettacolo nello spettacolo che racchiude qualcosa di più profondo, insomma una sorta di completamento del concerto fine a se stesso. Sono queste particolarità che portano più soddisfazioni. Ad esempio, tra gli ultimi ricordo il concerto di quest’anno in occasione del 100° anniversario della Grande Guerra.
Cosa significa per Lei la musica?
La musica è espressione, è provare un’emozione e cercare di trasmetterla al pubblico. E’ sensibilità e commozione, un misto di sensazioni forti. Nella musica bisogna lavorare, cercando di pensare alla sensibilità dell’interlocutore. E, alla fine, arriva la soddisfazione dell’aver immaginato correttamente la sensazione del pubblico. E lo si capisce dagli applausi: per uno pratico dell’ambiente musicale come sono io, è molto semplice capire se il pubblico applaude per educazione o se l’applauso arriva dritto dal cuore, dettato dalle emozioni che la musica ha suscitato. Ed è la stessa cosa per quanto riguarda la richiesta di un “bis”; è molto meno appagante sapere che il “bis” viene chiesto solo perché è divenuto ormai una consuetudine, ma reca contentezza il “bis” richiesto per rivivere l’emozione di un brano.
Come si posso avvicinare oggi i giovani alla musica?
Fortunatamente, oggi i giovani hanno quotidianamente tante opportunità di avvicinarsi alla musica, basti pensare alle ore di educazione musicale che si fanno a scuola, alle associazioni e scuole private sul territorio, ma anche ai concerti organizzati per molteplici occasioni. Non a caso, negli ultimi anni, è stato inaugurato il Liceo Musicale, dedicato ai ragazzi che intendono intraprendere una carriera musicale.
Come insegnante, quale è il Suo rapporto con gli studenti?
Sono un insegnante molto severo e intransigente, sia a scuola con i ragazzi, che alla banda come direttore, indifferentemente con i dilettanti e con i professionisti. Per professionisti intendo i musicisti dell’Orchestra Sinfonica di San Remo. Esigo molto da me stesso e quindi anche dagli altri, perché amo molto il mio lavoro. Ma il fatto che io sia severo non significa che sono un maestro odiato, anzi; con i ragazzi delle scuole inizialmente, è vero, c’è un rifiuto da parte loro, ma poi viene a crearsi un rapporto di stima reciproca e, finito il loro percorso scolastico, mi cercano, mi salutano, mi ringraziano, perché alla fine capiscono che quello che ho fatto è stato per il loro bene.
Ha un sogno nel cassetto?
Sì, uno; mi piacerebbe dirigere il Requiem di Giuseppe Verdi. E’ un’opera che amo molto, ma fino ad oggi non ne ho mai avuto l’occasione.
E la sua famiglia?
In casa, condividiamo l’amore per la musica. Mia moglie Beatrice lavora nel campo assicurativo, ma si ritaglia i suoi spazi per la musica, anche lei suona il clarinetto. Mio figlio Filippo ha scelto invece la batteria, quindi un genere musicale rock. Ci capita spesso di suonare insieme, la prossima occasione sarà il concerto della Filarmonica Mousiké del 1° luglio, nella nuova Piazza Sant’Ippolito, a Gazzaniga.
Silvia Pezzera






