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Umano stupore: due anni di storia

17 Gennaio 2016
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Umano stupore: due anni di storia

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Lo scorso settembre un nuovo, stimolante libro ha arricchito il nostro patrimonio letterario. Si tratta di un prezioso lavoro, che peraltro ci si poteva aspettare, dopo gli scritti da pedagogista dei disabili, dall’uomo Adriano Peracchi: due aspetti inscindibili della sua personalità. Il titolo è appunto “Umano stupore – Risonanze nel quotidiano”.

 

Il volumetto, edito dal gruppo “aeper”, si presenta in semplici vesti tipografiche e, a prima lettura dei settanta componimenti, si scambierebbe per una raccolta di fatti di cronaca, appunti da diario, pensieri occasionali, reminiscenze, personaggi, frammenti di vita apparentemente senza un legame.

Ma rileggendo si scopre che un filo conduttore c’è: lo stupore, umano. È questo che fa acquistare al quotidiano profonde “risonanze” e fa da protagonista di un’unica composizione, un poemetto in versi liberi, sulle vicende dell’umanità d’oggi con toni ora semplicemente narrativi, denotativi, ora più densamente connotativi fino ad assumere quei sensi nascosti, quella profondità concettuale ed emotiva, quel peso delle parole che conferiscono al testo una vera valenza poetica. Questa poesia, come una sinfonia, ora si fa lirica, ora epica, ora biblica, assumendo vibranti accenti profetici. Ed è proprio con la forza della poesia che l’autore riesce a com-muovere, a muovere le coscienze delle persone, suscitando quello stupore umano che ha toccato lui stesso.

Adriano Peracchi non è l’inviato speciale di un mezzo mediatico che va alla ricerca di notizie per far colpo sulla gente. Lo scrittore poeta intercetta da un suo speciale osservatorio eventi, fenomeni, notizie spicciole e grandi avvenimenti, a molti dei quali ha partecipato personalmente, mode passeggere e tendenze degli ultimi due anni della storia dell’umanità e ne costruisce un documentario su uno spaccato della vita e della realtà d’oggi di cui si fa lucido interprete.

In questo ampio panorama egli trae motivi di stupore e meraviglia dalle bellezze del creato, come la scena della calda policromia autunnale o la magia di terre orientali, dalla ricchezza creativa di molte schiere di giovani che sanno ancora sognare, dalla vita eroica di tanti filantropi del tempo presente, e del passato, ma sempre presenti, dal miracolo del concepimento di una vita nuova, dalla coraggiosa difesa dell’uomo e del creato da parte dell’attuale papa: tutta una umana commedia che il poeta contempla dall’alto con la sua sensibilità.

Lo scrittore prova però anche quello stupore che è indignazione di fronte alla assurda e ingiustificabile violenza esercitata nei modi sempre più sofisticati e scientifici da chi toglie ai popoli, insieme alla pace, la gioia di vivere nella propria terra rendendoli schiavi dei poteri forti economici, riducendoli a consumatori di armi, di sesso e di droga, come di pane e spettacoli del circo (panem et circenses) nella Roma imperiale; da chi inoltre vuol cancellare la gioia della paternità e della maternità. La commedia umana allora diventa dramma umano.

Le sue pacifiche sferzate si indirizzano particolarmente a quanti non vedendo “oltre” i loro egoismi portano al rischio di morte il pianeta terra e l’umanità stessa con la rottura dgli originari equilibri ecologici naturali e sociali. Parole forti usa per far “prendere coscienza di essere stati confinati in un’asfittica gabbia economicista”, per muovere le coscienze di quanti sono caduti “nell’abisso dell’indifferenza”, di quanti hanno poche o tante responsabilità nei confronti della salvaguardia della pace e del creato. Ora vede o rivede con sgomento sciami di soldati che tornando lacerati da una battaglia trovano le loro povere case ridotte a un mucchio di macerie, ora folle di profughi in condizioni disperate, stragi terroristiche raccapriccianti …Dov’è la dignità della persona umana? Dov’è quel creato che fece cantare a S. Francesco un cantico di tutte le creature ” Laudato si’…o mi’ Signore”? Quel creato che, dopo la solenne lettera enciclica: “Laudato si’…” e dopo la strage di Parigi, spinse papa Francesco ad ammonire con un ‘maledetto si’, ogni signore della guerra.

Tuttavia con una poesia che assurge a valore universale, con il suo contagioso stupore, l’autore del libro sa andare, e invita ad andare, “oltre” il contingente, oltre i confini del proprio orto, del proprio stato, del proprio interesse egoistico, e stare davanti a Dio e alla propria coscienza “per lasciare emergere nel silenzio quella parte di umanità che chiede di essere liberata e di essere ammessa a una convivenza rispettosa”.

Don Adriano è conosciuto anche come parroco e quindi come poeta sacerdote. Contagiato dalla forza profetica dell’amico Padre Davide M. Turoldo, insegna che “l’evento del silenzio poi diventa preghiera e porta a scoprire la dimensione della ‘soglia’ verso qualcosa di più grande”.

Come uomo di fede può vedere ancora più chiaramente i fatti dall’alto del suo osservatorio e comunicare con la forza della poesia, alimentata dalla luce del Vangelo, “la speraanza di un possibile futuro di pace realizzato anche attraverso scelte coraggiose e creative”. Allora possiamo sognare uno stupore particolare di fronte ad “un tripudio di vita, di resurrezione per la quale tanti sono caduti vittime della violenza” e credere con Mons. Romero che ” dove cade un albero, spunta una foresta”.

Buona e proficua lettura.

Angelo Bertasa

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