“Val Seriana Therapy”: riflettori puntati sulle terapie non farmacologiche
Sviluppo di nuove terapie non farmacologiche per combattere la demenza senile. Proposta di cure dolci, per nulla invasive, che migliorano in modo concreto, senza l’utilizzo dei farmaci, la qualità di vita dei pazienti. Avvio di relazioni d’aiuto e di sostegno, per favorire sensibili diminuzioni del carico farmacologico che viene somministrato ai pazienti. Questi gli obiettivi che guidano i percorsi terapeutici alternativi attivati in questi anni dal dottor Ivo Cilesi, uno dei massimi esperti in Italia in terapie non farmacologiche della demenza, che nelle scorse settimane era presente in Val Seriana, ad Albino, come a Gandino, per far conoscere ai cosiddetti “Addetti ai lavori (medici, psicologi, educatori e operatori socio-assistenziali, che si occupano di relazione d’aiuto), ma anche ai familiari dei malati, le nuove azioni d’intervento per la cura della demenza senile e dell’Alzheimer.
Partecipate da un buon numero di corsisti, per esempio, le lezioni del corso di formazione sulle terapie non farmacologiche organizzato ad Albino, presso l’Auditorium Comunale, dove si è parlato di strategie di cura “non convenzionali”, come musicoterapia clinica, terapia della bambola, arteterapia, spazio terapeutico, laboratori manuali e treno terapeutico, incontrando l’apprezzamento dei partecipanti.
Interessante, poi, l’incontro andato in onda presso la biblioteca di Gandino, dove il Dottor Ivo Cilesi era accompagnato dalla terapeuta svedese Britt-Marie Egedius-Jakobsson, ideatrice delle bambole terapeutiche.
“All’interno della relazione – spiega il Dottor Cilesi – la bambola diviene utile per la diminuzione di importanti disturbi del comportamento, come ad esempio agitazione, ansia, depressione, movimenti continui non finalizzati, disturbi del sonno ed altri. L’efficacia di questa terapia è collegata anche ad un distacco della realtà del paziente affetto da Alzheimer. Questo distacco si evidenzia in modo importante nella fase medio-grave della malattia. La bambola, quindi, viene riconosciuta come bambino vero, e il paziente attiva dei processi di accudimento e di “maternage” che vanno a favorire nella persona dinamiche di rilassamento e di benessere, migliorando la sua qualità di vita. Durante questa relazione si sensibilizza l’area delle emozioni e dell’affettività, un’area del cervello che rimane attiva anche nelle fasi avanzate di malattia”.
Pedagogista, psicopedagogista, musico terapeuta, specializzato in musicoterapia clinica presso il Royal Hospital di Londra, il Dottor Ivo Cilesi, 53 anni, genovese di origine (laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Genova), ma bergamasco di adozione (dopo aver abitato per anni a Colzate, ora risiede a Cene), è uno dei massimi esperti in terapie non farmacologiche. Già responsabile per l’inserimento di terapie non farmacologiche presso la Fondazione “Cardinal Gusmini” di Vertova, è ora consulente per lo stesso tipo di terapie presso il Centro Eccellenza Alzheimer dell’Ospedale “Briolini” di Gazzaniga e opera presso la “Fondazione S.Maria Ausiliatrice” di Bergamo (il Gleno, per intenderci) e il Centro Alzheimer di Goteborg (Svezia).
“Interessanti i programmi futuri – continua Cilesi – La “terapia della bambola” è stata la terapia “apripista”, ma ora sto sperimentando e, in certi, casi, mettendo in pratica, altre strategie. Per esempio, il “treno terapeutico”, uno “spazio di viaggio”, lo scompartimento del treno o un settore di un autobus, attentamente calibrato nelle sue componenti estetiche e dimensionali, attraverso uno specifico studio dei colori e dei suoni. Uno spazio dove le persone affette da demenza viaggiano, e questo viaggio virtuale, ma spesso reale, produce benessere e tranquillità. Inoltre, propongo musicoterapia ambientale, cioè ascolti terapeutici, in modo da favorire l’orientamento temporale e cadenzare i diversi tempi della giornata; e musicoterapia clinica, uno strumento importante nel riordino e nella ricostruzione del pensiero, della percezione e della affettività, prezioso soprattutto sul piano del sostegno psicologico. Queste, e altre terapie non farmacologiche, sono estremamente importanti, perché favoriscono la riduzione del carico farmacologico che, soprattutto nelle fasi avanzate della malattia di Alzheimer, accelera il processo di decadimento cognitivo nel paziente”.
T.P.






