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Volontari albinesi…in terra di mafia

2 Novembre 2013
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Volontari albinesi…in terra di mafia

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Quest’estate siamo partiti da Comenduno in otto, con destinazione Marina di Cinisi (Palermo), per un’esperienza di una settimana in uno dei campi confiscati alla mafia. Questi campi sono organizzati dall’associazione Libera che, fondata nel 1995 da don Luigi Ciotti, da sempre combatte per la legalità e la sensibilizzazione delle nuove generazioni sul tema delle mafie. A Marina di Cinisi, in particolare, ha vissuto Peppino Impastato, un giovane che proveniva da una famiglia mafiosa ma che si è ribellato al sistema e, per questo, nel 1978 è stato assassinato dal boss Gaetano Badalamenti (suo zio). La sua storia è stata per più di 20 anni dimenticata praticamente da tutti e solo grazie al film “I cento passi” di Marco Tullio Giordana è venuta alla luce.

Dopo essere arrivati, Elena, una responsabile del campo, ci ha spiegato come si sarebbe svolta la settimana e ci siamo divisi i vari compiti per i giorni successivi. Al campo, infatti, si alternano momenti di lavoro (nel limoneto o nella ristrutturazione dei beni confiscati) a momenti di formazione (con testimoni, giudici e familiari di vittime di mafia). Abbiamo avuto la fortuna di andare a “Casa Memoria”, che era la casa di Peppino e sua mamma Felicia. Qui abbiamo conosciuto il fratello di Peppino, Giovanni Impastato. Poi, abbiamo incontrato un musicista antimafia, Alfonso de Pietro, e abbiamo girato un video in cui abbiamo cantato e letto delle frasi sul tema della corruzione. Quella sera Alfonso ha tenuto un concerto per noi. E’ stato molto coinvolgente! Siamo anche stati a Palermo, dove abbiamo visitato l’albero sia di Giovanni Falcone che di Paolo Borsellino (assassinati dalla mafia nel maggio e nel luglio del 1992); poi siamo stati a Capaci, nel punto in cui hanno fatto saltare l’auto di Giovanni Falcone, che ha perso la vita con sua moglie e tutta la sua scorta. Trovarci lì è stata una emozione talmente forte che è difficile da spiegare.

Ci sarebbe tantissimo da raccontare, tante sensazioni da descrivere… Ogni avventura ti lascia sempre dei ricordi… Ricordi che rimarranno per sempre e di cui è bello parlare, per far comprendere anche ai nostri amici la bellezza di questo viaggio, occasione di riflessione sul tema della mafia e di crescita personale. E’ stato bello conoscere nuovi ragazzi con i nostri stessi valori e interessi, con cui abbiamo trascorso gran parte della giornata, dai lavori della mattina, agli incontri di formazione del pomeriggio e ai momenti di svago nel tempo libero. È stato stupendo e ogni volta che il pensiero torna a quella settimana non si ricorda la fatica e la stanchezza, ma le avventure e le emozioni che abbiamo provato. Una settimana sicuramente da ripetere, perché il futuro, in particolare per noi ragazzi, inizia soprattutto con il sentirci partecipi di queste iniziative. L’ho capito grazie a questi giorni passati in Sicilia, per i quali ringraziamo don Diego Berzi, i nostri catechisti Giulio e Daniela e tutti gli altri compagni di “avventura”.

Gaia, Giorgia, Valeria, Matteo, Emanuele, Giuseppe

 

UNA STORIA DI CORAGGIO

Per parlare dell’esperienza vissuta con l’associazione Libera nel campo di Cinisi, potremmo raccontarvi la storia di Peppino Impastato o di suo fratello Giovanni, oppure dei boss Tano Badalamenti e Vincenzo Piazza. Abbiamo conosciuto questi personaggi grazie ai luoghi che abbiamo visitato durante la settimana oppure grazie alle testimonianze del percorso di formazione che l’associazione Libera ha organizzato per noi al campo. In questo articolo, però, vi vogliamo parlare della storia di una persona che, nel suo piccolo, ogni giorno e in silenzio combatte la sua personale battaglia di mafia: si chiama Pino e di professione fa l’autista di pullman. E’ lui che ci accompagna con il pullman e, proprio mentre stiamo per arrivare a Palermo, prende il microfono e inizia a raccontare…

Ci dice che è nato da una famiglia benestante circa 65 anni fa; il padre aveva diversi terreni agricoli e faceva l’armatore di navi. Anche Pino si appassiona al mondo del mare e in breve tempo diventa capitano di una nave da pesca. Gli affari vanno bene, Pino riesce ad acquistare una nave molto più grande con la quale inizia a navigare la costa tirrenica alla ricerca di banchi di pesce. Ma proprio in questo momento iniziano i problemi: ad ogni attracco c’è sempre qualche “amico” che si avvicina per chiedere soldi in cambio di protezione, in caso contrario in mare possono succedere tante cose… le navi possono anche non galleggiare a lungo. Pino si rifiuta, una, due, tre volte, fino a che, durante un attracco a Torre del Greco (vicino Napoli), la camorra gli affonda la nave. E’ un duro colpo, ma Pino non si demoralizza, vende i terreni agricoli del padre e riesce a comprarsi una nuova barca, più piccola e modesta, ma comunque sufficiente per ricominciare. Dopo qualche tempo, però, ricominciano gli incontri intimidatori, come al solito vogliono soldi in cambio di tranquillità, per sé, per la famiglia e per la sua attività. La tentazione è forte, ma Pino non cede, ad ogni approccio reagisce con un rifiuto. E così, per la seconda volta, Pino è costretto a vedere la sua nave affondare, questa volta al largo delle coste palermitane. Pino capisce che, per non fare una brutta fine, è il momento di cambiare: ipoteca la casa e con i soldi si compra un autobus. Anche questa volta il business sembra funzionare, molti gruppi turistici si rivolgono a lui per i trasferimenti. La mafia però ha il naso fino per le aziende che fanno profitti e così, per la terza volta, iniziano insulti, minacce, atti intimidatori. Pino tiene duro e si rifiuta di scendere a patti, e così, due anni fa, il pullman di Pino viene dato alle fiamme. Pino non denuncia, non può farlo, la salute e l’incolumità dei figli e degli otto nipotini è più importante di qualsiasi altra cosa. Ma non per questo accetta il compromesso, la svendita della dignità. Non gli importa aver perso tutto, ha conservato l’onore, e questo vale molto di più. Chi alla fine esce vittorioso è lui, non il sistema mafioso, anche se non sarà ricordato come un eroe e non verranno scritti libri o film sulla sua storia.

Oggi Pino ha finalmente trovato lavoro come autista in un’azienda di autobus e ci dice che è contento di vedere tanti giovani impegnati in queste attività di volontariato e di formazione sui beni confiscati alla mafia. Il vento in Sicilia sta lentamente cambiando, ma il lavoro da fare per estirpare il fenomeno mafioso è ancora lungo. Per questo si deve continuare a parlare di mafia perché, come diceva Peppino Impastato, “la mafia si sconfigge con la cultura, non con la pistola”.

 

Giulio e Daniela

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