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La cura dell’Alzheimer senza l’utilizzo di farmaci

9 Febbraio 2014
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La cura dell’Alzheimer senza l’utilizzo di farmaci

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Nella casa di riposo “San Giuseppe” un nuovo servizio per terapie non farmacologiche per i malati di Alzheimer

Presto, la casa di riposo “San Giuseppe” di Gazzaniga attiverà un ambulatorio per terapie non farmacologiche, per combattere la malattia di Alzheimer e la demenza senile. Un servizio innovativo, che prevede l’apertura di un centro diurno e notturno dove proporre cure dolci, per nulla invasive, che migliorano in modo concreto, senza l’utilizzo dei farmaci, la qualità di vita dei pazienti.

Per informare la comunità di Gazzaniga e, più in generale, della Media Valle su questo nuovo servizio e sulle terapie non farmacologiche che verranno attivate nel “nucleo protetto” che si sta allestendo al terzo piano della struttura (nucleo verde), la direzione della casa di riposo ha organizzato per venerdì 7 febbraio un incontro, dal titolo “Approcci e terapie non farmacologiche dedicate a persone affette da demenza”, che alla presenza del direttore sanitario e geriatra Cesare Maffeis e dello psicopedagogista Ivo Cilesi.

“Un incontro, un momento di riflessione per il territorio – ha sottolineato il Dottor Maffeis – Sicuramente l’idea di attivare servizi innovativi e flessibili per le persone che sono affette da demenza è importante, se non fondamentale: servizi che poi diventano un’opportunità per il familiari. Sempre più frequentemente emerge nelle persone che sono “caregiver” dei loro cari affetti da demenza, una forte, importante, esigenza di aiuto. Una richiesta che prevede degli aiuti concreti, soprattutto in situazioni familiari, domiciliari, in fase di pre-istituzionalizzazione. Dai molteplici incontri con i “gruppi famiglia” emergono molte difficoltà psicologiche, collegate all’accettazione della malattia del proprio caro e ai cambiamenti delle relazioni affettive e di cura. Tutto questo, e molto altro, rinforza una difficoltà di base: l’accettazione della malattia. E se non è presente, in modo consapevole, questa accettazione, sarà molto più difficile contattare la famiglia per coinvolgerla come “caregiver”, in relaziona i propri cari e ai diversi servizi territoriali”.

“In questa ottica, è sicuramente importante la comunicazione, l’informazione, in modo da attivare consapevolezza della possibile malattia – ha aggiunto il dottor Ivo Cilesi – Non è facile coinvolgere le famiglie del territorio ad una disponibilità all’ascolto consapevole sui segnali di insorgenza della malattia di Alzheimer. Quali sono i reali e concreti bisogni dei familiari che hanno un loro caro malato di Alzheimer? Quali sono le prospettive di cura? Queste domande meritano tante risposte, ma innanzitutto meritano risposte concrete. Non parlo della cura farmacologica: l’Alzheimer è curabile, ma non guaribile, perché è degenerativo. Parlo invece della “cura sociale” rivolta al malato e alla sua famiglia, l’accudimento sociale, che vuol dire collegamento e presa in carico da parte dei servizi sociali e sanitari del territorio, per un corretto e specifico percorso di cura. Purtroppo, a volte queste aree non sono in collegamento fra loro. Può accadere che, a fronte di una corretta informazione e diagnosi sulla malattia, non risulta presente in modo sinergico la rete dei servizi del territorio; o, in altro caso, si attiva prontamente la rete dei servizi, ma la presa in carico è rallentata da difficoltà collegate al riconoscimento iniziale dello stato di malattia della persona. La presa in carico deve essere globale sia per la persona malata che per i loro familiari. Dare cura e assistenza al “gruppo famiglia” è fondamentale e utile per il riconoscimento dello stato di malattia”.

Dall’incontro è emerso che i nodi centrali del problema sono comunicazione e opportunità. E’ fondamentale sicuramente informare, ma allo stesso tempo è importante offrire ai familiari delle opportunità di cura nella quotidianità.

“L’attivazione di un centro dedicato alle terapie non farmacologiche rivolto al territorio, soddisfa questa esigenza dei familiari e dei loro cari – ha continuato il dottor Ivo Cilesi – Terapie non farmacologiche innovative, all’interno di uno spazio dedicato, applicabili prima a livello ambulatoriale e poi a domicilio. Il percorso prevede un inserimento di utenti del territorio con problematiche sanitarie psicosociali e comportamentali, ancora presenti a domicilio, all’interno di un percorso riguardante l’utilizzo di terapie non farmacologiche appropriate, per diminuire le diverse problematiche e favorire, di conseguenza, il benessere dei loro familiari. Il progetto si pone diversi obiettivi, una diminuzione e un contenimento dei diversi disturbi comportamentali, un mantenimento delle capacità cognitive residue, ma anche sostenere concretamente le richieste di accudimento e di ascolto espresse dalle famiglie del territorio”.

 

Ti.Pi.

 

BOX

 

ECCO, LE TERAPIE INNOVATIVE

Ci sono diverse esperienze di terapie dolci, non farmacologiche, innovative. Per esempio, la “ Terapia della Bambola”, ideata e strutturata proprio dal Dottor Ivo Cilesi. La bambola diviene utile per la diminuzione di importanti disturbi del comportamento come ad esempio (agitazione, ansia, depressione, movimenti continui non finalizzati, disturbi del sonno ed altri) . L’efficacia di questa terapia è collegata anche ad un distacco della realtà del paziente affetto da Alzheimer. Questo distacco si evidenzia in modo importante nella fase medio grave della malattia. La bambola quindi viene riconosciuta come bambino vero e il paziente attiva dei processi di accudimento e di maternage che vanno a favorire nella persona dinamiche di rilassamento e di benessere migliorando la sua qualità di vita. Durante questa relazione si sensibilizza l’area delle emozioni e dell’affettività area del nostro cervello che rimane attiva anche nelle fasi avanzate di malattia, mentre si va a deteriorarsi in modo importante l’area cognitiva (linguaggio, memoria).

Altra terapia ambientale ideata da Ivo Cilesi è il “Treno terapeutico”. Uno spazio, un luogo di viaggio, dove le persone affette da demenza viaggiano; e questo viaggio virtuale, ma spesso reale per le persone, produce benessere e tranquillità. La ritualità del viaggio può in alcuni casi favorire l’attivazione di ricordi e di memorie e favorire quindi il dialogo e la relazione fra persone.

Altro studio importante riguarda l’utilizzo di “robot sociali” (social robot): uno di questi è “Paro”, una foca robot che stimola la persona ad attivare un processo di relazione e di interazione sociale. Questa terapia è sicuramente innovativa e parte dall’Università di Robotica di Tokyo, in collaborazione con l’Università di Siena.

“Queste e altre terapie non farmacologiche sono importanti – ha affermato Cilesi – Infatti, favoriscono anche la riduzione del carico farmacologico che, soprattutto nelle fasi avanzate della malattia di Alzheimer, accelera il processo di decadimento cognitivo nel paziente. Queste e altre terapie non farmacologiche saranno inserite all’interno del centro che andremo ad attivare nella casa di riposo “San Giuseppe” di Gazzaniga”.

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