Una flessione demografica per la città di Albino. Dal 2014, Albino, il centro più popoloso della Valle Seriana, ha visto diminuire la propria popolazione di circa 600 unità, per la precisione 586. Un dato in linea con i Comuni della Val Seriana, dove la diminuzione della popolazione è un parametro costante, sebbene il ritmo della decrescita sia differente, progressivamente più forte risalendo in alta valle.
Nello specifico, ad Albino gli abitanti al 31 dicembre 2014 erano 18.217, mentre alla fine del 2024 sono scesi a 17.631. Un calo demografico nel complesso lento, ma costante, basti vedere il numero dei nuovi nati, segno evidente di un cambiamento in atto: se nel 2014 ad Albino nascevano 149 bambini, lo scorso anno sono stati solo 108. Certamente, le nascite sono scese di numero, ma negli ultimi anni si sono stabilizzate intorno alle 110 unità all’anno.
Sicuramente, per quanto riguarda i morti, il 2020 è stato un anno straordinario, ma direi devastante, a causa della pandemia da Covid-19: un “horribilis annus”, che non è stato più compensato negli anni successivi.
Rispetto a dieci anni fa, comunque, anche il numero dei morti si è abbassato: nel 2014, erano stati 167, nel 2024 sono scesi a 101.
Relativamente alla natalità c’è da considerare anche il numero dei matrimoni: erano 40 nel 2014 (divisi a metà tra religiosi e civili), sono cresciti lo scorso anno, ben 46, equamente divisi (23 civili e 23 religiosi). Ebbene, l’amministrazione comunale ha provato in questi anni a incentivare la natalità, mediante misure ad hoc. Diversi i servizi per le famiglie che hanno figli nella fascia 0-6 anni. E da qualche anno è stato introdotto anche un contributo per i nuovi nati. Inoltre, alle famiglie che hanno un reddito ISEE inferiore a 40.000 euro, viene erogato, per tre anni consecutivi, un contributo la cui somma varia a seconda degli scaglioni di reddito (per le fasce più basse 360 euro il primo anno e 180 euro nei due anni successivi.
Ovviamente, queste misure non possono bastare: sono misure, incentivi, agevolazioni; quello che serve è un cambiamento culturale. Il fenomeno della denatalità spesso non è dovuto alla scelta fatta dalle coppie di non fare o fare meno figli, bensì la conseguenza di ostacoli economici, sociali e culturali. Anche se negli ultimi anni c’è stato un aumento del numero di donne che partecipano attivamente nel mercato del lavoro, in realtà in Italia le condizioni occupazionali delle donne e i servizi di welfare rimangono un tema di difficile soluzione, con conseguenze che si concretizzano in un calo del numero delle nascite. si può evidenziare come gli stereotipi culturali circa la maternità e la genitorialità contribuiscono a favorire la denatalità in Italia. Infatti, nella nostra società, in maniera più marcata rispetto ad altri paesi europei, è ancora presente la convinzione secondo cui l’accudimento sarebbe un compito di pertinenza femminile. Da qui, ecco emergere la penalizzazione nei confronti delle donne, che si riversa soprattutto nell’ambito lavorativo.
All’orizzonte, però, almeno per quanto riguarda Albino, ci sono buone prospettive. La città appare attrattiva, offrendo servizi in numero maggiore rispetto a quelli di altri paesi della Val Seriana. Un appeal che si traduce in un aumento di trasferimento di famiglie da altri paesi, anche per nuove operazioni di sviluppo residenziale in atto.
LP