Con questo numero inizia un nuovo viaggio alla conoscenza dei gruppi consiliari e delle persone presenti nel Consiglio comunale di Albino. Apre la rubrica Fabio Gualandris, promotore del progetto civico apartitico Gente comune.
Fabio Gualandris, 63 anni, è sposato con Francesca, hanno cinque figli. Di professione grafico editoriale e giornalista free lance è da sempre coinvolto a livello di volontariato in iniziative a carattere sociale e di organizzazione eventi.
Perché si è candidato sindaco? Quali erano gli obiettivi?
«L’obiettivo non era certo quello di diventare sindaco, avere una rappresentanza in Consiglio comunale sarebbe già stato un ottimo risultato, cosa che è avvenuta. Questo ha consentito a me e al nostro gruppo d’intraprendere un percorso di conoscenza del funzionamento di una macchina complessa come quella dell’amministrazione comunale.
Ho accettato la proposta di candidarmi per dare continuità al progetto Gente comune, una scelta di servizio a garanzia dei suoi principi fondanti. Gente comune nasce prima della pandemia ispirato dalla sensibilità di un piccolo gruppo di persone; nasce fuori dagli schieramenti politici di parte anche come risposta alla rassegnazione di molti a che non possa cambiare nulla; nasce per ricreare fiducia a partire dal favorire partecipazione; nasce da un forte desiderio di cambiamento nato da lontano e che non viene da un’appartenenza politica, ma dall’amore per il nostro paese, per i nostri paesi. Gente comune è un’avventura talvolta faticosa e attenta ai pericoli sempre incombenti, ma entusiasmante; forse è follia, ma certamente è un impegnativo esercizio di partecipazione aperto a tutti».
Perché un soggetto politico nuovo? Perché apartitico?
«Personalmente la politica di parte non mi appassiona, Albino e le persone che lo abitano sì. Il bene, come il male, possono trovare casa ovunque e non voglio demonizzare i movimenti politici tradizionali che nella vita di tutti hanno compiti e responsabilità importanti, ma per i nostri paesi sogno una guida che superi questi steccati, composta da persone competenti, che vogliono il bene del loro territorio e non perseguano interessi personali o ideologici».
Cosa vi ha mosso?
«Siamo fuori dai partiti, ma dentro la città… e dal di dentro abbiamo colto la parvenza di uno stato immodificabile delle cose, di diritti acquisiti ad amministrare Albino da parte del Centro destra o del Centro sinistra, accentuati da tanti stucchevoli luoghi comuni. Senza fretta vorremmo intercettare: i pensieri rassegnati: «Non voto e non mi interesso della cosa pubblica, tanto non cambia nulla»; gli approcci poco gentili: «Voi non contate nulla, unitevi a noi»; le spartizioni anacronistiche: «Due assessori a Tizio, uno a Caio che ha già il sindaco e due a Sempronio, e poi cinque deleghe qua e là così accontentiamo tutti»; i giudizi inappellabili: «Dove credete di andare, non avete esperienza»… ma come disse Adriano Olivetti “L’esperienza occorre pagarsela con il rischio, l’audacia, la fantasia” e questo per me, per noi, è il tempo della formazione, dell’apprendistato».
Chi vi finanzia?
«Ci sosteniamo autonomamente».
Cosa vi piacerebbe riuscire a fare emergere?
«Il bene che abita il cuore di ogni persona e impegnarci nel trovare sintesi a esperienze e sensibilità diverse; la questione è piuttosto complessa e non è garantito il buon fine, ma ci proviamo. In questo caso mettersi in gioco non vuol dire andare contro qualcun altro ma guardarsi dentro, confrontarsi, cogliere uno spunto, un’idea, una pensata geniale… da chiunque e senza pregiudizi».
Oggi, qual è il suo impegno in Comune?
«Faccio parte del Consiglio comunale, siamo minoranza, ma non opposizione a prescindere. Come gruppo valutiamo le proposte e le votiamo, e presentiamo idee come quella dell’Università ad Albino, votata favorevolmente all’unanimità, ma soprattutto cerchiamo di imparare. Faccio parte inoltre delle quattro commissioni consiliari e presiedo quella alla persona, novità per una minoranza. Con i gettoni presenza che semestralmente ci vengono devoluti, per quel poco che possiamo, sosteniamo progetti sociali».
Per il futuro, cosa sogna per Albino?
«Sogno una città dove quando ci si incontra ci si saluta, una città più a misura di persona, più educata, più pulita, più viva, mettendo al centro quattro parole chiave: servizio, rispetto, cura, partecipazione. Per costruire insieme una nuova proposta, sostenibile, condivisa e senza l’assillo della responsabilità di dover amministrare, abbiamo tempo per progettare il futuro dei nostri paesi. Se vuoi, caro lettore di Paese Mio, sappi che le porte di Gente comune sono aperte, per partecipare o per seguirci da qui gentecomune.myportfolio.com».
Paolo Salamoni









