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2 Dicembre 2013
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STATUTO COMUNALE E NON SOLO

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Daniela Zanga, Dirigente Scolastica dell’IC “G.Solari” di Albino

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Non sappiamo quanti fra gli Albinesi abbiamo avuto la possibilità di leggere il nuovo Statuto Comunale, che l’attuale Amministrazione ha promulgato. La porzione più interessante è racchiusa nel capitolo Titolo I – Principi generali e Programmatici-. Eh già, perché è questa la parte in cui è necessario esporre le idee di base, quelle che daranno forma a tutte le azioni di governo e di malgoverno, rendendo ragione di scelte, le cui conseguenze ricadono sul cittadino. Non essendo sufficiente lo spazio di questo mensile a un’analisi completa, ci permettiamo di commentare almeno un paio di asserzioni di discreta rilevanza.

L’Articolo 1 al punto 4 recita:

“Il Comune di Albino è operatore di pace: si ispira ai principi dell’antifascismo sanciti dalla Costituzione, promuove l’impegno costante della comunità a favore della pace, della solidarietà e della pacifica convivenza tra i popoli, ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.”

L’Amministrazione arancione ci rassicura dunque del fatto che, “ripudiando la guerra”, si impegna a non dichiarare più guerra ad alcun comune limitrofo. Come tutti sanno, rientra nelle facoltà di un Comune rifiutare o suscitare conflitti armati, inviare ambasciatori, indire conferenze di pace fra contendenti. Cosa volete che siano, o cittadini, i vostri problemi quotidiani, la sicurezza delle vostre case, la ZTL, il traffico, la scuola, quando l’ineffabile Giunta è impegnata ad assicurare la Pace Universale “tra i popoli”? Nientemeno. Il tutto condito di ”antifascismo”, ingrediente magico dei pacifisti dei miei stivali. Assistiamo spesso alle imprese “pacifiche” degli antifascisti: cappucci, mazze da baseball, bombe carta, incendi, auto e vetrine distrutte, interi quartieri messi a ferro e fuoco. Questo è l’unico risultato della retorica antifascista, dalla quale all’Amministrazione di questo Comune piace trarre ispirazione. Con la pregiudiziale “antifascista” i soliti noti da circa settant’anni hanno mantenuto artatamente alto il livello di scontro e di odio all’interno del Paese. Noi vogliamo, vorremmo, interagire con avversari seri, calati nella realtà, intellettualmente onesti, lontani da stralunate velleità senza fondamento. Meditino gli Albinesi se mai abbiano notato queste qualità nell’attuale Maggioranza.

 

Il secondo punto dello Statuto, sul quale ci preme dirigere l’attenzione di chi legge, è, se possibile, ancora più inquietante.

Art. 2 – Finalità – comma “j”

rispettare e tutelare delle diversità etniche, linguistiche, culturali, religiose e politiche, anche attraverso la promozione dei valori e della cultura della integrazione.

Mentre il rispetto è dovuto a tutte le creature indistintamente, non così la “tutela”, che impegna al sostegno attivo. Ogni etnia esterna, se lo desidera, può promuovere con i propri mezzi la conservazione dei suoi usi e costumi, purché non si sovrappongano o mirino alla sostituzione di quelli autoctoni, pena l’erosione del patrimonio culturale pre-esistente. Questo farà gridare allo scandalo i paladini del multiculturalismo politicamente corretto, tutti genuflessi e ossessionati nell’incomprensibile sforzo di rimpiazzare la cultura autoctona con un’altra, casualmente più aggressiva. Obiettivo che perseguono con ostinazione e furore ideologico, secondi solo alla loro irresponsabilità. Sostituzione, non integrazione. Quest’ultima per essere armoniosa deve essere unidirezionale, ossia comportare l’adesione dei nuovi venuti alla cultura della gente, sul cui territorio hanno “scelto”, non chiamati, di installarsi. Armoniosa. Rispettosa dei parametri economici e sociali di ogni momento storico. Fuori da questo ambito, che lo si voglia o no, che lo sia ammetta o no, si gettano semplicemente le basi per futuri conflitti. Non basterebbe l’intero spazio editoriale di questo mensile per elencare in un excursus storico-geografico gli infiniti casi a prova di questa semplice ovvietà, che tale non è per le menti soggiogate dall’ideologia dell’auto-annullamento.

Non si spiegherebbe altrimenti l’urgenza dell’insegnamento della lingua araba ai bambini immigrati: i paladini del multiculturalismo temono che vada perduta la loro cultura d’origine, soprattutto la loro religione. La preoccupazione dovrebbe semmai nascere privatamente all’interno delle comunità immigrate, non riscuotere la priorità delle nostre Amministrazioni. Da dove deriva, chiediamo, questa foga nel promuovere culture estranee, mentre sarebbe imperativo l’insegnamento dell’italiano, delle nostre tradizioni, delle nostre leggi?

Per questo motivo riteniamo vergognose iniziative quali “Tira-fuori-la-lingua”, “progetti”, come li chiamano gli organizzatori, quindi dotati di finalità; che è la seguente: sradicare la cultura di appartenenza degli autoctoni dalla loro coscienza, senza che se ne accorgano. Non ve lo dicono esplicitamente, ma lo dimostrano nei fatti.

Nello scorso numero di novembre ci si imbatte in una lettera non firmata (ma che bravi!), in cui la Lega Nord viene accusata di opporsi a questo “progetto”per meri motivi ideologici, affermando che sarebbe la Fondazione Cariplo ad averlo imposto alla povera amministrazione arancione: “…questi soldi non ci sarebbero stati se avessimo proposto altri progetti; infatti il filone progettuale (sic!) finanziato si chiama ‘Coesione sociale attraverso le biblioteche di pubblica lettura’”. Prendiamo atto che per loro questo si traduce in “corsi di arabo”. Ne prendano atto anche i cittadini albinesi: per qualcuno – oscuro anonimo rosso-arancione – la coesione sociale in Italia si consegue insegnando, in Italia, l’arabo. Evviva, siamo morti!. Questo il loro motto. E poi a essere ideologizzata sarebbe la Lega Nord! Cerchino almeno di apparire capaci di organizzare un pensiero.

Noi proponiamo qualcosa di diametralmente opposto, non inventando nulla, ma semplicemente osservando quanto si fa in altri Stati, dove ancora non si indulge al delirio ideologico; stiamo parlando dell’istituzione di “classi ponte”, nelle quali i bambini immigrati possano acquisire rapidamente una padronanza della lingua italiana (non araba), tale da consentire loro di frequentare le normali lezioni scolastiche in condizioni di parità espressiva e comprensiva con gli italofoni. Si tratta di un progetto articolato, volto a ridurre la tendenza al rallentamento, se non al ritardo del compimento dei programmi scolastici a causa del disallineamento linguistico di alcuni alunni.

Non mancherà chi di fronte a questo blatererà di discriminazione o di altre idiozie simili, che allignano incontrastate solo nella sua mente: vogliamo credere che la maggioranza degli Albinesi si rifiuti di continuare ad avere a che fare con siffatti fomentatori dell’odio verso la propria gente.

 

Siete tutti invitati alla 4a edizione della BÈRGHEM FRÈCC che si terrà presso il centro sportivo Rio Re il 27-28-29 dicembre

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