Flavio Signori

“inventore” della “Slanzi Special”

“Eppur si muove!” Così recita il titolo del numero di dicembre 2013 della rivista specializzata motociclismo, per esaltare la moto, se così si può dire, realizzata con le proprie mani, nel suo laboratorio, da Flavio Signori, 57 anni, di Comenduno di Albino, ex-dirigente tessile al Cotonificio Honegger, settore filatura, ora in pensione. Una moto molto originale, certamente sui generis, perché composta da 70 pezzi meccanici tutti diversi, provenienti da altre moto o altri oggetti, fra cui sedie, elettrodomestici, biciclette, attrezzi agricoli, arredi da cucina. Un pout-pourri di elementi recuperati e riciclati, sulla base di un motore agricolo “Slanzi”, anch’esso recuperato da un demolitore.

La passione per la meccanica, l’inventiva, la creatività hanno fatto il resto e, in poco tempo, è stata confezionata una moto, molto singolare, che per alcune settimane ha fatto bella mostra dietro la vetrata della Biblioteca Comunale, osservata e ammirata da centinaia di persone, che salivano e scendevano i gradini del “passaggio che da via Mazzini porta alla Piazza del Mercato.

Vista la bellezza della moto in questione, che è un’autentica opera d’arte, nel genere meccanico, la redaziione di Paese Mio ha intervistato Flavio Signori, per sapere come è riuscito ad assemblare così tanti pezzi, fra loro diversi, e arrivare a presentare una “scultura motociclistica” così bella e affascinante.

 

Cosa c’è dietro questa realizzazione?

La passione per le moto, di tutti i tipi, dal trial all’enduro, anche se non ho mai corso a livello agonistico, ma solo con spirito amatoriale. Ma anche la voglia di realizzare cose nuove con le mie mani: infatti, se a me serve una cosa, non la vado a comprare, ma me la costruisco. E così è stato con la “Slanzi Special”.

 

Si spieghi meglio…

Ero con mio figlio Davide (17 anni, frequenta il 3° anno del Liceo Scientifico all’Isis “Valle Seriana” di Gazzaniga, da grande vuole fare ingegneria meccanica). E da un demolitore ho visto questo vecchio motore agricolo “Slanzi”, un motore stazionario, degli anni ’40, un macchinario utile, nei decenni passati, ad alimentare il movimento di trebbiatrici, pompe d’irrigazione, tagliaerba. Un motore a scoppio (non come oggi che sono quasi tutti motori elettrici), con avviamento a benzina e poi a petrolio.

 

E poi come è andata?

Da subito ci siamo detti; “Perché non costruirci sopra una motocicletta?” E così abbiamo fatto, nel nostro tempo libero, nell’autorimessa di casa, nel corso di un intero anno. Tutto è stato realizzato intorno al motore, mantenendo una fisonomia il più compatta possibile. Pian piano abbiamo aggiunto tanti componenti, recuperati a prezzo modicissimo. Gli apparecchi di bordo sono limitati ad un minuscolo tachimetro (è di una Vespa), alloggiato sul manubrio (di una bicicletta da passeggio). Parimenti, gli equipaggiamenti elettrici sono rappresentati dal solo faro anteriore, costruito con la coppa di un lampadario in bronzo, e null’altro. I modernissimi freni idraulici sono stati sottratti ad un ciclomotore (oggi si dice “scooter”). Di fabbricazione artigianale sono il telaio (anche in lamiera), il forcellone (di una bicicletta, con inserti di una caffettiera elettrica), la sella (legno, cuoio e ottone). E poi la marmitta, che proviene da un Gilera 50 Cross; l’ammortizzatore monoblocco, che è di una Kawasaki; il parafango anteriore, che è tagliato in due da un parafango di una Honda CB degli anni ’70. E il cavalletto è il braccio di una sedia.

 

E funziona…

Certamente. L’avviamento è a strappo e tradisce il retaggio agricolo del motore. Ma basta un colpo solo per avviare il motore, che emette un piacevole rombo, ovviamente da un tubo di scappamento artigianale. All’alimentazione provvede un carburatore con gigler adeguati per far funzionare il cilindro con comune benzina e non con il petrolio per bruciare il quale è stato concepito. La corrente necessaria allo scoccare della scintilla sulla candela è assicurata da un magnete. Un motore di un ciclomotore marca Gerosa a tre rapporti è stato tagliato a metà e il cambio, insieme alla frizione, è stato unito allo Slanzi con una trasmissione primaria a catena. Così il motore è stato reso più veloce pur mantenendo le sue mirabili caratteristiche di elasticità e tiro. Da segnalare che il pomello del cambio era un fermacarte: è fissato alla sommità di una biella di una macchina per cucire del 1919, che funge da leva. Insomma, si viaggia bene. La moto, poi, è maneggevole su qualunque terreno, ha una buona potenza e la si può sistemare in tutti i posti, anche metterla in auto.

 

Certamente, molti le hanno chiesto di venderla…

Sì, ma non lo faccio. E’ una mia creatura, la tengo per me, per circolare liberamente, quando voglio. Invece, molti me l’hanno chiesta per metterla nelle vetrine dei loro negozi. A breve, per due settimane, sarà a Bergamo, in un negozio vicino al Balzer.

 

T.P.